"Il più avanguardistico album metal che verrà mai realizzato", così nel 1987 la rivista metal Kerrang definiva il terzo album dei Celtic Frost, forse neanche immaginando che 23 anni dopo il suo primato di avanguardia e sperimentazione non sarebbe stato superato e nemmeno capito a fondo neanche in questi tempi dove ormai si sente di tutto e di più.

La sua arte è intatta e fremente, ammorbata di atmosfere epiche e oscure accogliendo nelle sue spire influenze di ogni tipo. Il metal tipicamente Celtic Frost viene avvolto da suoni classici e voci liriche, musica elettronica, opera teatrale suoni gotici e dark-wave il tutto però reso scorrevole e immediato tanto da confondere l'ascoltatore sballottandolo in atmosfere completamente diverse da un brano all'altro, sin dall'opener "Mexican Radio" (cover dei Wall Of Voodoo) si respira l'aria senza regole del disco, sui versi orecchiabili della canzone si stagliano la pesante chitarra elettrica e la roca voce di Warrior, voce che in "Mesmerized" abbandona il suo classico tono e si adagia su un cantato sofferto e afflitto, le chitarre da metalliche si fanno sottili e stridenti fino a far fuoriuscire una nenia triste accompagnata dalla voce del soprano Claudia Maria Mokri.

"Inner Sanctum" riempita di cambi di tempo viene marchiata a fuoco dal lavoro di ogni musicista, gemma nera soffocata da tempi asfissianti e ripartenze, nutrendosi di violenza e rabbia latente. I Frost in quest'opera mettono in luce ogni loro influenza, musicale e non formando un concept lontano da ogni canone, le ispiratissime liriche parlano per la maggior parte degli ultimi giorni prima della caduta di Babilonia, il declino e la caduta di una civiltà, testi che sono vere e proprie poesie, come appunto accade nella successiva "Tristesses De La Lune" una poesia recitata da una vibrante voce femminile accompagnata da una strumentazione di musica classica (violini,oboe ecc...) fa piombare l'ascoltatore in uno stato di incantato smarrimento.

Si ritorna ad atmosfere morbose con la pazzesca "Babylon Fell (Jade Serpent)", una sinistra e contorta cavalcata immersa in rabbiose e decadenti atmosfere, così come per la seguente "Caress Into Oblivion(Jade Serpent II)", ancora più rallentata e atmosferica con il solito muro chitarristico e ritmiche a tratti tribali e la voce di Tom che ritorna lamentosa e sofferente. Un martellante e sintetico tappeto ritmico sorreggono "One In Their Pride" flagellata da un malato giro di basso di Ain, voci robotiche e uno stridente violino, un pezzo di musica elettronica sperimentale e futuristico spiazza di nuovo l'ascoltatore e annienta ogni filo logico.

La trascinante "I Won't Dance(The Elder's Orient)" incanta con il suo incedere metallico e un coro da brividi cantato in duetto da Warrior e la Mokri con un potente e preciso lavoro di Reed St. Mark dietro le pelli, "Sorrows Of The Moon" è la versione metal di "Tristesses De La Lune" potente e dai ritmi cadenzati con pennate di chitarra acustica ad ammaliare l'atmosfera. La traccia successiva è il culmine dell'indole sperimentale dell'opera "Rex Irae(Requiem)" il perfetto matrimonio tra metal e musica classica, un maestoso e altisonante muro sonoro di un'orchestra, la desolata grazia della voce del soprano Mokri e i tormentati vocalizzi di Warrior più la ferale chitarra elettrica creano un epico e decadente capolavoro, varcato da prepotenti doppie casse e fughe metallizzate a metà brano, ma l'orchestra classica sovrasta nuovamente il tutto nel finale, per sfociare nella breve ed evocativa strumentale "Oriental Masquerade".

Un'opera mai capita a fondo e tra le più affascinanti e coraggiose mai composte, atmosfere musicali totalmente distanti tra loro qui si sposano a dovere con naturalezza, nessun album è stato più all'altezza del suo titolo quanto questo "Into The Pandemonium", nel pandemonio!

UH!....

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