Ci sono dischi che non si possono recensire.
Perché se volessi parlare di chi era questa montagna d'uomo lo direi molto peggio di quanto lo abbia già detto Geoff Dyer.
Volessi dire cos'è questo disco, cosa mi smuove dentro, semplicemente non ne sarei capace.
Tutto parte da Phitecantropus Erectus. Ma l'avete mai sentito? C'è dentro Mingus. C'è dentro un uomo. Ma c'è dentro un uomo che vale più di me. Più intelligente di me, più bravo di me, più tutto.
Cazzo mi permetto di dirne, io?
Ecco, se volete vi dico solo la mia personale e piccolissima storia. Su Phitecantropus. È che non piace alle donne. Credo tutto Mingus.
The Black Saint and The Sinner Lady è... non lo posso dire, non mi permetto.
Io ci vedo un solo difetto, è troppo corto.
Per il resto, Mingus, che poco tempo prima si è autoricoverato in clinica psichiatrica, ne esce, scrive questa roba, va dal medico che lo ha curato e gli dice: 'scrivimi le note di copertina'.
Io - questo dialogo - me lo vedo con un Mingus che abbaia. Che manco si capiscono le parole. Baritonale, basso, peggio. Che sbiascica, parla in slang, insomma, non si capisce un cazzo. Eppure ti piace. O, no, qualcosa di diverso, ma insomma, non lo so dire, non lo so spiegare.
E il medico, voce alta, quasi in falsetto, dice: 'ma io mica lo so, non capisco tanto di musica'.
E un tuono, che parte da dentro, dalle radici della terra, dall'urlo primordiale. Una voce da baritono, da basso, che sbiascica, che non si capisce un cazzo, dice una cosa.
Dice I PLAY THE MUSIC I AM.
Dice lo sai chi sono? Allora scrivi di me, questo disco sono io.
A Charles Mingus, con le mie scuse.
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