Roma, Anfiteatro Flavio (volgarmente detto Colosseo).

Era il dì del solstizio d'inverno, rimembro ancor, ed io mi ergeo nudo dinnanzi alle rovine di un'antica civiltà ormai sepolta, quand'anco il sole, stanco, si arrendea al mio cospetto, tronfio nella sua vanagloria. Il sol di mezzodì risplendea su cotanta dionisiaca perfezione e, rifrangendosi sul mio ventre sapientemente levigato, ai mortal indicaa la retta via. Parean gli dei imperituri annichiliti da siffatta marmorea erezione, di perdizion effige suprema. Doveo forse compiacermi della loro invidia? Oppur puntar verso vette inusitate?

Fu quello il preciso istante in cui sapéi cosa Charles Mingus dovea aver provato, allorché concepì il disco medesimo (il Santo Negro e la Sporcacciona). Solo un tal stato di sublimazion potea render l'uomo capace di sittanto, e Mingus non facea eccezion alcuna. Un capolavor immane, il più grande capolavor del jazz, al paro dei tracotanti "A Kind Of Blue" e "A Love Supreme".

Rimemrbo ancor l'istante allorché mi accinsi a sverginar il vinil di cellofan vestito. Fui dapprima incuriosito dalla tecnica pianistica di Mingus Charles, non superba, al massimo interessante. Giaceo inerme nel mio nido d'amor e parea di sentirli tutti sulla pelle, come tanti piccoli orgasmi: Charlie Mariano, Don Butterfield, Quentin Jackson, Rolf Ericson, intrepidi e risoluti in procrear musica per fini palati, non certo per coloro i qual avean del cul fatto trombetta. Un balletto in sei movimenti difficil da raccontar di modo che anche voi mortal possiate goderne, voi che mai vi congiungeste con Afrodite, la dea delle pervertite. Un fluir incontenibile di note, come avide dita che mi percorrean il corpo nell'insensata ricerca del piacere. Colpi delicati, ma sittanto decisi sul rullante, che parean il fremere di migliaia di bocche supplichevoli, ansimanti, nell'attesa di dissetarsi allo sgorgar del mio prezioso nettare. Niente di più e niente di meno. Sublime.

Un disco da ascoltar più volte in consecutio, e indi perfetto come colonna sonora del quotidio esercizio sessual. La mia giornata tipo fra i due solstizi infatti prevedea:

  • ore 6: sveglia all'alba dal dolce decantar di fanciulle che tesson le lodi delle mie abilità (Cantatemi, o donne, delle mie erezioni l'ira funesta, che infiniti addusse orgasmi clitoridei...);
  • ore 7-22: congiungimento carnale ripetuto e a stantuffo - impreziosito da sottofondo musicale di Charles Mingus - suddiviso in tre distinte fasi:
    fase 1: non col dardo ferirla, ma colpirla col-pirla, col-pirla;
    fase 2: eppur si muove;
    fase 3: ricolmata di semenza, virtute e canoscenza;
  • ore 23: a dormir completamente ignudo con una goccia di Barolo annata 1874 dietro le orecchie, dopo essermi deterso in latte di rinoceronte albino (parzialmente scremato) ed essermi pulito il culo con stoffe pregiate importate appositamente dal lontano oriente, mentre la mia copia personalmente personalizzata da Charlie in persona continua a riecheggiar fra le possenti mura della basilica barocca eretta in mio onor.

O DeBaseriano medio, che provi invidia nei miei confronti, "annichilito" sarà il tuo epitaffio.

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