Cosa ha in comune una cantante settantenne di rai algerino detta la pazza (Cheikha) con un chitarrista punk (East Bay Ray - Dead Kennedys), un bassista indefinibile (Flea - Red Hot Chili Peppers) e due fratelli provenienti dall'universo zappiano (Bruce e Walter Fowler)?

A prima vista niente, ma poi leggi il nome di sua Maestà Re Cremisi e cominci a capire. La commistione tra i suoni civilizzati (e forse disumanizzati) e quelli più veri e naturali dell'Africa o dell'Oriente  affacciati sul Mediterraneo l'avevano già tentata gli amici Eno e Byrne con qualche brano di "My Life in the Bush of  Ghosts" e Robert Fripp non poteva lasciarsi scappare l'occasione di affiancare Cheikha Remitti, che deve aver avuto l'occasione di ascoltare in concerto dove lei dà sempre il meglio di se stessa. Grazie alla produzione di  Houari Talbi abbiamo una leggenda del rai incastrata tra le frippertronics e il basso slappato di Flea, roba che nemmeno cantanti più giovani di cinquant'anni saprebbero reggere con la maestria e la sicurezza di Cheikha.

Musicisti algerini e statunitensi che cercano un punto d'incontro tra le loro culture ed ottengono la quadratura del cerchio nella title track irrobustita dai fendenti della chitarra distorta di East Bay Ray e dall'intervento prezioso di Fripp, che si fa strada tra le percussioni incalzanti. "Sidi Mansour" è un brano che vi esalterà qualunque sia la vostra condizione al momento dell'ascolto, impossibile resistergli. Raga ipnotici come "Ha Rai Ha Rai" con i fiati funky dei fratelli Fowler su un tappeto percussivo&ossessivo fatto di feroci bendir e darbouka, ammansiti  dalla voce maestra insuperata del rai, vi illumineranno sulla comunicatività di questa avventura sonora.  Le ritmiche reggae di "Rah Jey" sono impreziosite dal profondo  malinconico canto asciugato dal vento del deserto di Cheikha, che continua a snocciolare storie fatte come sempre dai patemi di ieri e di oggi: amore, vizio, passioni, amicizie, tradimenti.   Le alchimie frippertroniche qui non sono mai invadenti, lievitando leggere attraverso gli otto brani del disco tra tappeti ritmici e i mantra da lupanare della mitica cantante algerina.

Uno dei migliori dischi usciti nel 1994, peccato che se ne siano accorti in pochi.

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