Salivo, deglutisco!

Deglutire non fa rumore, mette in moto l'apparato digerente, cibo o non cibo, liquidi o non liquidi. Ogni mattina devo salivare nella speranza che la mia macchina parta, nella speranza che il motorino d'avviamento faccia il suo dovere. Mi immagino Lou Reed, immagino non avesse problemi di nessun tipo con le macchine. Vedo una chitarra elettrica svuotata e raffazzonata con dello scotch e unita ad un amplificatore sfondato, e con il mio stesso pensiero Lou prova a suonarla: stridii, vuoti a perdere, crunch e quella sensazione d'anni 60' dove tutto era ancora in evoluzione ed in costruzione.

Quando ero pre-adolescente, feci un viaggio con i miei genitori a Vienna e per tornare a casa decidemmo di deviare verso l'Ungheria, verso Budapest: il confine tra Austria e Ungheria era un cantiere aperto, un intreccio di strade ed alcune erano belle e complete, altre di un grigio multicolore che finivano nel vuoto. Sembravano scogliere, affascinanti seppur irregolari, armoniose nella loro casualità; il caso esiste.

Così resto ad osservare i solchi del vinile, invisibili ai miei occhi, ma ben sentiti dalla puntina. L'ambiente è stretto, l'ambiente cade in catarsi e si apre a ricordi che vanno oltre l'utero, forse vivono il tempo dei propri genitori o forse quello di genitori di altri impuri ragazzi come noi, vergini o ultra-abusati. Quando hai il tuo primo rapporto sessuale e superi il passaggio della verginità non torni indietro e per me è stato così con la musica: My Bloody Valentine, Big Black, Royal Trux, Oneohtrix Point Never; il bello è poter esser sempre belli verginelli ogni volta. Mi manca la verginità musicale, mi manca il "Like A Virgin", posso sentire tonnelate di rumore bianco e pensare - nulla di speciale -. Manca materiale, manca lo stupire anche perché nulla è stupendo.

L'apocalisse mi sembra sempre più palpabile e sono in palestra a correre sul tapis-roulant mentre Barbara D'Urso parla del nuovo taglio di Floriana, vincitrice del GF numero x e - nessuno pensa ai bambini? -, nessuno pensa al punto di non ritorno; il no future all'ennesima potenza. Qui non si tratta più di non vedere un futuro per se stessi, non si tratta di non vedere la pensione, qua si tratta di non veder futuro della propria intelligenza, della propria umanità, della propria prole. Chi me lo fa fare di figliare? Chi me lo fa fare di lavorare? Chi me lo fa fare di vivere? La mia unica speranza e morire prima di morire, naturalmente, ma di vecchiaia.

Non esiste la musica per un'apocalisse, ma non me la immagino come un harsh noise, non me la immagino Hi-Tech o J-pop, mi immagino una decadenza sonora ma che mantiene una propria solidità morale.

Morire eticamente in una busta biodegradabile.

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