Avendo amato l'album del '72 "Questo Piccolo Grande Amore" mi sono avvicinato a questa nuova versione con molta diffidenza, che è stata in parte confermata e in parte smentita. Partiamo dall'album originale, un concept album che descrive la genesi, l'evoluzione e la triste fine di una storia d'amore adolescente nella Roma degli anni '70. Già all'epoca i temi musicali ritornavano e si intrecciavano dando vita ad un'opera sì melensa ma anche ben fatta e non così banale come tanti credono, magari senza nemmeno averla ascoltata. Tuttavia alla versione del 1972 mancava qualcosa e si sente. La storia è frammentaria e a volte alcune cose rimangono sottintese. Ora si scopre che in realtà nelle intenzioni dell'artista il disco avrebbe dovuto essere un doppio LP con molte più canzoni, ma i poco lungimiranti discografici di allora non se la sentirono di intraprendere una produzione così titanica. Il disco venne quindi mozzato e mandato alle stampe in una versioen ridotta.

Questa nuova versione cerca di riportare alla luce l'opera come avrebbe dovuto essere, e qui sta il pregio dell'operazione. Purtroppo tra il dire e il fare c'è di mezzo la vanità e la piacioneria che contraddistingue il Baglioni degli anni zero, unita sicuramente ad un bisogno di rimpinguare le casse della casa discografica.

Il bello di questo disco è che ci fa scoprire l'opera in un modo diverso. Finalmente i pezzi del puzzle si incastrano e vanno a posto. Ora si apprezza di più ad esempio il fatto che le brevi canzoni "Piazza del Popolo" e "Cartolina Rosa" sono solo due delle tappe che formano un tour ideale della Roma degli anni che furono, e così scopriamo che oltre a Piazza del Popolo e a Stazione Termini ci sono anche Lungotevere, Centocelle, Fiumicino e altre "fermate" di una via crucis che suona sempre con lo stesso tema musicale. Anche altri vecchi temi erano riportati in altre canzoni che poi furono scartate nel '72. Addirittura una canzone scartata, "Sissignore", fornì poi la melodia di "Miramare", inclusa in un altro LP. Il bello è anche che i numerosissimi ospiti, Mina, Venditti, Allevi, Bollani, Elio e le Storie Tese, i Pooh e moltissimi altri, solitamente non infastidiscono, anche se sinceramente ce ne sono talmente tanti che si fa prima a dire chi non c'è.

Il brutto è proprio la mania di strafare di Baglioni, e non solo: l'operazione sarebbe stata sicuramente più sensata se ci si fosse limitati ad una ricostruzione filologica dell'originale. Mentre invece come al solito Claudio gioca con gli arrangiamenti e dà al tutto una patina da FM, con la pretesa che ogni canzone debba potenzialmente diventare un singolo. Sinceramente cambiare non solo arrangiamento, ma anche tempo e armonie a classici come "Porta Portese" e "Questo Piccolo Grande Amore" mi è sembrata una vera pacchianata. Per non parlare poi del valzerino di "Battibecco", così carino e leggero in origine che chissà come è diventato tutt'altro tempo. "Piazza del Popolo" poi ha quegli effetti elettronici inaccettabili per una canzoen che era voce e chitarra. In generale come sempre lo staff di arrangiatori assunti da Baglioni tende ad inserire accordi di passaggio all'inverosimile senza alcun senso. Claudio vuole piacere a tutti i costi alle nuove generazioni. Una "sindrome di Moccia" che non dà buoni frutti, a partire da quell'orribile titolo che vorrebbe attualizzare un disco ambientato negli anni '70.

Le canzoni nuove, quelle composte cioè negli ultimi anni, sono le solite canzoni del Baglioni post Fazio. A volte più che una canzone romantica ti sembra di sentire l'inno dei mondiali di calcio o di nuoto. L'ultima canzone dell'album, il singolo che sta passando per radio (almeno credo, dato che in radio non l'ho mai sentita) è una coda che non c'entra nulla, un po' come le canzoni che vengono scelte per lanciare i film e vengono messe nei titoli di coda.

In definitiva "Q. P. G. A." è un disco eterogeneo, un po' kitsch e un po' godibile, un po' operazione filologica e un po' operazione commericale. Può essere visto anche come un pastiche o una summa (a seconda dei punti di vista) dei vari stili adottati da Baglioni nel corso degli anni. Ci si trova un po' del Baglioni romantico degli anni '70, un po' del Baglioni degli anni '90 che gioca con le parole e (ahime) un po' del Baglioni degli ultimi anni che si autocompiace ed autocelebra.

In conclusione permettetemi di fare un commento sulla copertina: essendo un concept non sarebbe stato meglio mettere un'immagine più a tema, che ne so, due teenager o meglio ancora un "update" della copertina originale invece del faccione invecchiato di Baglioni?

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