Alla seconda prova discografica, dopo l’ottimo selftitled, i C’mon Tigre consolidano il terreno sotto i piedi, difficile dirlo per dei viaggiatori come loro, ma le intenzioni sono evidenti; un salto nel futuro che apre a nuovi possibili scenari per questo progetto.

Con il sound che si fa più deciso e coeso, trovano anche quell’armoniosità che forse mancava al primo album, nel quale era solamente accennata. È molto probabile che il lungo tour abbia fatto bene alla band.

Per esempio, con “Underground Lovers” si inserisce un elemento trip-hop che spinge il progetto ancor di più oltralpe (come se ce ne fosse bisogno), in territorio internazionale, ma mantenendo i suoni sintetici all’interno di una bolla d’intimità e naturalezza. Ritroveremo questo tipo di soluzioni anche più avanti, in brani come “Paloma” e con più groove, “Racines”.

Vengo definitivamente contagiato e trasportato in quest’atmosfera futuristica con “Quantum of the Air”. Mi ritornano in mente i Soul Coughing ma con tutte le parti suonate dal vivo, senza samples.

Anche l’elemento vocale è decisamente più marcato rispetto al primo disco, più presente (anche semplicemente di volume più alto) e in generale il cantante sembra crederci di più.

C’è anche il rap di Mick Jenkins e pure un vocoder tipicamente electro ma su base afrobeat, ascolta “Gran Torino”.

Racines, che in francese tradurremmo come “radici”, “origini”, ci riporta ad una misurata vocazione ecumenica, già espressa precedentemente dal collettivo, piuttosto che alla ricerca di qualche tradizione culturale nazionale.

L’origine è il mondo.

Con questo lavoro i C’mon Tigre danno l’impressione di aver trovato la quadra. Rimane il gusto del precedente ma si percepisce una maggiore coscienza dei propri mezzi e una coerenza compositiva da musicisti navigati.

Ed è un privilegio poterli ascoltare riempiendoci gli occhi con le splendide tavole, ognuna associata ad un brano e realizzate da dieci differenti artisti internazionali, all’interno del packaging dell’LP; davvero molto ben curato.

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