L’abisso nel quale stanno scendendo i Coldplay sembra non avere fine.
Un gruppo che aveva esordito con album pazzesco all’inizio del millennio (Parachutes) creava grandi speranze. Sembrava infilarsi in quel cono d’ombra del Rock nel quale non riuscirono gli U2, ai quali i quattro si ispiravano all'inzio senza troppo nasconderlo.
Ma il secondo album deluse le aspettative, pur essendo presenti degli episodi rimarchevoli. Di lì in poi un progressivo abbandono del Rock verso la un pop patinato, plasticoso e affetto da gigantismo (tipo All that you can’t leave Behind dei loro – cattivi – maestri, per dire).
Di questo ultimo album, credo, non si sentisse il bisogno, perché suona esattamente come i precedenti, con l’aggravante che i testi sono di una banalità sconcertante. E’ tutto già sentito ed anche tremendamente disomogeneo. C’è la canzone elettronica, quella acustica, quella da poppazzo radiofonico e quella con le collaborazioni rap che adesso fanno tanto fino. Il tutto avvolto nella mediocrità. Anche se la mediocrità dei Coldplay potrebbe essere l'eccellenza di altri gruppi. Pop.
Ah, e di musica lunare… ben poche note.
Bah.
Elenco e tracce
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Altre recensioni
Di splinter
I brani riescono a portare l’ascoltatore veramente in un universo parallelo e in uno spazio vasto.
Coldplay hanno dimostrato ancora una volta di sapersi calare, a piccole dosi, nella sperimentazione, senza avere granché da invidiare a gruppi più dotati.