Ok, ora basta.
Sono passati due giorni dall'uscita dell'ultimo album dei Coldplay, e già c'è un movimento di protesta pseudo-intellettualoide che si scaglia contro questo lavoro.
Ma che vi aspettavate?? Sono i Coldplay, diamine, mica gli Arcade Fire (magari..)!
Cerchiamo di essere obiettivi: si tratta di un'opera sostanzialmente pop rock, con qualche excursus creativo. E ciò perchè non deve piacere?
Analizzando l'opera, si parte con uno strumentale (come fu con "Life In Technicolor" in "Viva La Vida"): la title-track "Mylo Xyloto", abbastanza ininfluente sul giudizio a mio parere. Andando di lungo ci troviamo di fronte a "Hurts Like Heaven", una traccia che lascia molti interrogativi nella parte iniziale salvo poi prendere ritmo e focalizzarsi nella seconda metà su un pop rock tipico dello stile british di un paio di decenni fa che fa il verso ai Cure fin dal titolo (come dimenticare "Just Like Heaven"?), in particolare su una chitarra solista che dal terzo minuto riprende "Pictures Of You". Non male.
Il terzo gradino è riservato al secondo singolo, l'ormai famosa "Paradise" che si apre in maniera molto "enoxificata" (si vedano gli archi che accompagnano il brano) e combina con interesse piano e batteria, poi chitarre e synth. Potremmo considerarla una traccia pop, ma non certo nel suo significato più dispregiativo: gli intermezzi strumentali di archi ricordano "Viva La Vida" e l'orecchiabilità c'è anche laddove c'è meno melodia. Bene.
Alla casella numero quattro troviamo "Charlie Brown", che parte con un'intro vagamente "Technicoloriana", per poi ascendere anche lei man mano che i secondi passano. Un buonissimo pezzo che suonerebbe bene coverizzata dai Fanfarlo, che sulla cadenza melodica di questo brano potrebbero dare molto (si vedano gli sfuggenti punti di contatto con "Drowning Men" dei sopracitati)
"Us Against The World" è un'onesta ballata basata sulla chitarra che esce dalla mediocrità (intesa in senso negativo, come se ne sentono ovunque) nella seconda metà, dove il buon Chris si fa trasportare e la chitarra solista apre un tappeto sonoro che lascia l'ascoltatore non indifferente. Stavolta i nostri si salvano per un pelo.
"M.M.I.X" è la seconda traccia strumentale, anch'essa senza infamia e senza lode e alquanto ininfluente. La sua funzione è sostanzialmente quella di aprire la scena al brano più famoso, il primo singolo, "Every Teardrop Is A Waterfall", a mio avviso uno dei migliori brani del lotto. I synth aprono quella che sembra un'alba musicale, per poi venire accompagnati dalla chitarra e, in un secondo momento, dalla batteria per architettare un crescendo emotivo-strumentale che non conosce rilassamenti. La voce di Chris Martin si alza sempre di più conferendo al brano un'ottima crescita di pathos, e il turnover fra chitarra acustica ed elettrica si sposa benissimo con la linea melodica. Ottimo davvero.
La chitarra simil-country con cui si apre "Major Minus", traccia già conosciuta per essere stata pubblicata insieme al primo singolo, dà il la al brano più rock e guitar-based dell'album. Nonostante ciò, la potenza è soffocata e il pezzo non ha la personalità necessaria per avvicinarsi all'epicità degli U2. Si apre qui il momento meno qualitativo del lotto, che andrà avanti anche con le tracce successive.
Infatti, la traccia numero nove, "U.F.O.", fa il verso ad "Us Against The World" senza riuscire a fare quel saltino necessario ad uscire dalla mediocrità di cui ho parlato prima: la base di archi che fa il verso agli Arcade Fire di "Neighborhood part. 4" non è sufficiente e il brano si ricorda come una ballad insipida, nemmeno paragonabile ad alcuni grandi momenti degli esordi più intimistici della band.
Continuando questo momento-no, si tenta una ricetta ancora diversa rispetto ai due brani precedenti. Si tratta di un brano synth pop con spunti urban e r'n'b: arriva il momento più vituperato del disco, "Princess Of China" feat. Rihanna. L'"enoxification" salva il brano in alcuni momenti, dove i tappeti di archi sono gradevoli e la linea melodica sa di qualcosa. Nel complesso, non sono d'accordo con chi impalerebbe i Coldplay per questo duetto, a mio avviso sufficiente e fin troppo buono vista la naturale difficoltà di conciliazione fra i due stili musicali. Ma certamente questo brano non sarà un cavallo di battaglia.
Della serie negativa, se il brano precedente può considerarsi il migliore, "Up In Flames" è forse il peggiore. Un piano che non dice nulla, ridondante, e una base percussionistica che non ha alcuna minima ragion d'essere. L'ultimo minuto tenta, come spesso è accaduto, di risollevare un brano che però in questo caso non è salvabile. Per fortuna dura poco più di tre minuti.
Eccoci arrivati al terzo brano strumentale, "A Hopeful Transmission", più carino dei precedenti ma comunque poco influente. Ha il merito di chiudere il momento peggiore del disco ed aprire ad un finale di qualità, di cui il primo episodio (e penultimo del lotto) è "Don't Let It Break Your Heart". La chitarra solista e la base percussionistica ricordano leggermente "Every Teardrop...", ma il brano si muove su un terreno personale, per quanto non nuovo. Si riprende un po' di vitalità compositiva ed emotiva, Martin torna ad alzare la voce e il pezzo si staglia su un vero e proprio pop rock che assomiglia anche a qualcosa dell'indie-alternative più mainstream (i Killers di Sam's Town, per intenderci).
All'inizio dell'ultima traccia "Up With The Birds", memore di "U.F.O." e "Up In Flames" mi stava già venendo il latte alle ginocchia, ma questa volta i Coldplay non lasciano morire la traccia cercando un canto del cigno tardivo: quasi subito il sottofondo si fa più solenne e i cambi di ritmo non si fanno attendere. La chitarra si inserisce alla metà del brano riprendendo la ricetta che ha salvato "Up Against The World", ma questa volta i nostri non si accontentano e alzano il volume della traccia e un po' di "enoxification" si sente anche qua. La voce di Chris trova acuti azzeccati e il finale riprende in maniera non tediante il piano. Prova superata.
Nel complesso, l'album è di buon livello, sicuramente un'altro ostacolo superato per una band che ha saputo rinnovarsi ogni volta (con i rischi del caso). Bonariamente, mi metto nei loro panni e, pur non condividendo le dichiarazioni di giubilo di Chris Martin, dò quattro stelle alla vitalità di un gruppo che forse ha tirato fuori tutto quello che aveva, come una candela che produce l'ultima fiamma prima di spegnersi. Speriamo di no.
Elenco tracce e video
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Altre recensioni
Di Chopinsky
Mylo Xyloto è una pop opera magniloquente, barocca e sfacciatamente populista, in cui il risultato qualitativo non corrisponde alla somma delle singole parti.
La sezione ritmica di Princess Of China è di una banalità imbarazzante, e in un brano che proprio sull’efficacia del beat dovrebbe puntare è un vero e proprio crimine.
Di definitelyalex
Il successo è una brutta bestia, è qualcosa che entra dentro di te, prende il tuo controllo.
Per i primi fans dei Coldplay non resta che mettere su un vecchio disco del gruppo e sperare che la sbornia finisca.
Di Bert
Giorno nefasto quando Chris Martin si alzò dal letto pensando di voler fare un duetto con Rihanna.
Il titolo, Mylo Xyloto, non vuol dire assolutamente niente, come rivelato dal buon vecchio Chris.