Da qualche parte di Kingston, anni quaranta/cinquanta…

Ovvero dell’origine del reggae...

Poche cose affascinano come il primo anello della catena. Per questo è bello quando il profumo dell’origine s’affaccia nel bel mezzo del mistero. E bello è anche quando il racconto di quell’origine si dipana tenendo insieme consequenzialità e leggenda. Poi, certo, il mistero resta tale.

E per fortuna, aggiungo io…

E allora si, il reggae è nato, o ha cominciato a nascere, dall’incontro di due comunità di reietti, i Rasta ( quelli del dio nero vivente) e i Burru (quelli dei tamburi Ashanti).

E tamburi Ashanti e dio nero vivente (vale a dire Africa, Africa e ancora Africa) erano una bestemmia per la Giamaica di quei tempi.

E, comunque, quel che precisamente accadde fu che da qualche parte del suburbio di Kingston le due comunità si scambiarono il loro sapere (musica per fede...fede per musica) fino a che quel sapere non divenne uno solo

Quel suburbio, situato vicino al deposito dei rifiuti di Kingston, era la casa degli ultimi, e quindi, in un certo senso, la discarica di una discarica. Ma, forse proprio per questo, fu proprio li che scoccò la scintilla.

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Anche Count Ossie, uno dei musicisti più emozionanti e seminali della Giamaica, imparò a suonare le percussioni da un uomo del Burru e, già alla fine degli anni quaranta, lui e i suoi suoi batteristi si cimentavano in favolose improvvisazioni notturne insieme ad alcuni dei migliori jazzisti di Kingston.

Tutto questo avveniva a Salt Lane, zona ultra malfamata, dove il nostro mise in piedi una sorta di quartier generale del misticismo in musica.

E quando nel 1951 un uragano distrusse quel luogo di utopia Count Ossie non si diede certo per vinto e ne creò subito un altro sulle colline di Wayreka dove cominciarono a tenersi dei particolarissimi raduni di “comunione spirituale, composizione musicale, fumo di erbe dal calice e ragionamento”.

Alla fine dei cinquanta a quelle favolose sessioni di guarigione in musica erano soliti partecipare anche molti dei musicisti che avrebbero contribuito alla rivoluzione ska.

E, all’inizio di quella rivoluzione, Prince Buster, uno dei grandi produttori della musica in levare, ebbe l’idea di inserire i tamburi Burru nel brano “Oh Carolina”, singolo (più o meno ska) inciso a nome Folks brothers & Count Ossie,.

Ecco, quel singolo, nonostante un iniziale censura, fu un clamoroso successo. Il battito del cuore d’Africa irruppe così nel cuore (sino ad allora assai poco africano) della discografia di quel paese.

Insomma, quel che Count Ossie fece fu, e cito da una bibbia reggae a caso, “portare il suono rastafariano nella coscienza popolare giamaicana”. Non proprio una cosa da niente.

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E quei raduni di “comunione spirituale, composizione musicale, fumo di erbe dal calice e ragionamento”?

Ecco, per averne un’idea , può essere utile ascoltare questo “Tales of Mozambique”, secondo album di Count Ossie & Mystic Revelation Of Rastafari, dove nella loro assoluta purezza, le radici africane si affiancano a uno sperimentalismo che arriva, tra le altre cose, fino all’avanguardia jazz.

Con il messaggio rastafariano sempre al centro, ovviously...

Eccovi comunque un baby track by track (in sei mosse): (uno) si inizia con un quasi Coltrane (due) ecco a voi flauto, voce narrante e canto tribale (tre) dell’Africa si rivela la dolcezza (quattro) la dolcezza raddoppia in un alleluia che fa quasi piangere (cinque) un po’ di tribalismo assoluto (sei) perfetta ipnosi ritmica per ballata africana torcibudella.

Poi ci sarebbero anche (sette) (otto) (nove) e (dieci), ma mai dir troppo.

Cosa aggiungere? Ma, ad esempio, che qualcuno ha parlato di una versione più tribale di Sun Ra e chi son io per dargli torto?

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Che poi il disco mitico, ovvero quello che se fate un giro in rete citan tutti, mica è questo, ma il primo, ovvero “Grounation” un bestione di un’ora e venticinque minuti, ex triplo vinile...e siccome mi sento in colpa di recensire l’altro, me lo sto ascoltando adesso…

E, aldilà del fatto che le mie dita al suono di quei tamburi sulla tastiera viaggiano che è una bellezza, posso dirvi che, in effetti, sto “Grounation” è….

E’ UNA ROBA ASSOLUTAMENTE FUORI DI TESTA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Adesso, per dire, c’è un brano che ricorda “Scarborough fair (????). Ce l’avete presente “Scarborough fair”? Si? Ecco, provate a immaginarla coi tamburi africani, se ci riuscite.

E ora ci sono dei sassofoni tribali, ritmici quanto le percussioni, mentre un flauto impazzisce di libertà. E le voci fanno uguale.

E mi fermo qui...che era solo per farvi venire l’acquolina in bocca …

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Due cose per chiudere…

Count Ossie & Mystic Revelation of Rastafari era un ensemble di musicisti straordinari. Tra tutti, comunque, mi par doveroso citare Cedric “Im” Brooks,, che se il conte era il leader maximo e il master drummer, lui era il responsabile del dipartimento fiati.

Poi, per dire, i cantanti son definiti “Il narratore” “Il filosofo” “Il poeta”…

Oh utopia, mia utopia….

Infine, in rete si trova una foto dei Count Ossie & Mystic Revelation of Rastafari in compagnia di Duke Ellington.

Beh, pare che il Duca fosse un convinto mentore dei nostri. Non so a voi, ma a me pare il miglior modo di chiudere questo scritto...

Aloha…

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