Nel 1998 esce il controverso Cruelty And The Beast; ma questo aggettivo potrebbe essere impiegato per descrivere ogni uscita dei Cradle Of Filth. A differenza di quanto pensino i critici più severi questo non è il disco che porta il gruppo definitivamente lontano dal Black Metal degli esordi: si tratta anzi di un percorso coerente che ha caratterizzato la band inglese, la quale ha evoluto il proprio suono originario con inserti thrash, gothic e heavy metal. Questo al di là dei risultati concreti.

Neanche le canzoni lasciano pensare effettivamente ad un appiattimento del suono in vista di un lancio discografico su ampia scala: sono composizioni complesse ed articolate, spesso ostiche e sicuramente pretenziose quelle di Cruelty And The Beast. Al confronto quelle del debut album The Principle Of Evil Made Flesh erano più immediate e semplici.

Questa complessità a livello compositivo causa come logico la perdita di intensità e di immediatezza tipiche del Black Metal, adagiando questo disco più tra le braccia del filone Gothic che non del Metal Estremo.

I brani migliori si trovano tutti nella prima parte: "Thirteen Autums And A Widow" ricorda vagamente i vicini Dimmu Borgir, quelli di Enthrone Darkness Triumphant, seppur edulcorati nella sezione chitarristica. Il testo è ben scritto ed evocativo, in un linguaggio leggermente arcaizzante e debitore dei classici della letteratura inglese. La penna di Dani Filth ha un senso della rima e della metrica davvero unico e ben riuscito: peccato che il cantato copra tutta questa varietà con un'uniformità davvero imbarazzante. Cantante dotato e capace di spaziare tra screaming e growl, Dani Filth risulta in questa release sempre sopra le righe, in un continuo delirio di onnipotenza che lo porterà a rovinare quanto di buono faranno i compagni.

Le tracce che seguono prendono vie più originali: "Cruelty Brought Thee Orchids" presenta un ritmo veloce, sorretto da un riff che si ispira - seppur più morbido - alla scena norvegese e agli Immortal in particolare. Il brano si alterna tra parti veloci e momenti più calmi, creando un'atmosfera davvero riuscita. "Beneath The Howling Stars" invece è giocata sulle tastiere, con un mood gothic orecchiabile e melodico. Il resto del disco si allinea a quanto mostrato in queste tre song iniziali, anche se il livello scende pericolosamente.

Una menzione per "Bathory Aria", una suite vampiresca che riprende e sublima il concept ispirato alla figura della Contessa Bathory: tre momenti formano questa aria dal sapore romantico, che risente anch'essa dell'invadente Dani. Il cantante non lascia mai l'ascoltatore gustarsi i momenti in cui le tastiere disegnano placidi quadretti eterei, frangenti dal tono quasi ambient e riusciti pienamente. Il disappunto cresce man mano che passano i brani, e nasce la convinzione che Dani Filth abbia concepito questo progetto come un disco per voce solista.

Insomma di buona musica in questo disco ce ne è, eccome; però non è mai ottima, ed è rara. La personalità c'è e si sente, ma è proprio questa a rovinare un lavoro che altrimenti poteva ambire a qualcosa in più. La classe c'è, ma i dischi precedenti erano nettamente migliori, non ci sono discussioni su pregiudizi e malignità che tengano.

Disprezzati da molti e osannati dai fedelissimi, i Cradle Of Filth sono stati un buon gruppo: il talento è durato per quasi una decina d'anni (dai primi demo del 1991 a questo ultimo lavoro riuscito), cosa rara e lodevole in campo Metal. Continuare ad applaudire i COF al giorno d'oggi sarebbe una mancanza di rispetto verso un passato che a modo suo è stato glorioso.

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