“Questo titolo rappresenta l'ossessione umana per il peccato e la coscienza. Il rovo (Thorn) unisce l'immagine del tribolato Cristo, con la corona di spine, [...], o ancora, la protezione di un luogo segreto con l'uso di rovi e spine. Un addizione di auto-lesionismo o qualcosa allo stesso modo velenoso”.

Ecco come Dani Filth descrive il titolo, e il contenuto, del nuovo disco della sua band, i Cradle of Filth. Inutile elargire parole di lode a quanto i Cradle hanno regalato al panorama della musica estrema: dischi come “Dusk & Her Embrace” e “The Principle of Evil Made Flesh” sono delle gemme nell'ambito black-gothic-sinfonico. Inutile negare che dopo hanno sfornato altri bei lavori, anche abbastanza vari e diversi dagli esordi come “Cruelty & the Beast” o il maestoso, nonché molto bello, “Damnation & a Day”. Poi, il mezzo passo falso. “Nymphetamine” abbandonava abbondantemente quell'elemento sinfonico, che tanto apprezzavo in loro, a favore di un songwriting molto più orientato al metal e basato sulla potenza delle chitarre elettriche. Non era un lavoro del tutto brutto, ma presentava molte falle e difetti, e a dir la verità, non era il degno successore del disco “biblico” che l'aveva preceduto. Il 2006 vede la luce questo “Thornography”, che già mesi prima della sua pubblicazione ha fatto parlare di sé per via della cover del disco: violenta, offensiva, volgare e chi più ne ha più ne metta. Almeno, l'abilità di turbare fans e critica i Cradle la hanno ancora. Bisogna vedere quanto sia veritiero questo shock, se solo un'opera di marketing oppure è uno specchio del contenuto del disco. Dopo diversi ascolti, una conclusione mi è balzata alla testa: questo disco sicuramente alimenterà altre polemiche sullo stato di salute compositiva della band proprio perché, come “Nymphetamine”, continua a presentare buoni, anzi, buonissimi spunti per poi cadere quasi nel patetico. Vi dirò in tutta sincerità, che l'elemento orchestrale è accantonato proprio come lo era in Nymphetamine, quindi presente su pochissimi brani: il riffing è molto più thrash-oriented. Ma soprattutto non aspettatevi troppe novità: alle volte i riffs e le parti vocali son troppo simili al passato, il che non significa che il disco non abbia degli ottimi spunti. Infatti, il disco presenta dei brani veramente belli per poi cadere in eclatanti buchi nell'acqua.

“Under Pregnant Skies She Comes Alive Like Miss Leviathan” è la solita introduzione strumentale-sinfonica, che è ormai un classico del gruppo, una sorta di introduzione alle atmosfere del disco. E diversi cori femminili ci portano all'album vero e proprio. “Dirge Inferno” è stata sicuramente la prima opera ascoltata. Al primo ascolto sembrerebbe ripercorrere le soluzioni stilistiche di “Damnation & a Day”. L'impressione può essere anche giusta. Peccato che l'elemento sinfonico manchi del tutto e ci sono reminiscenze che riportano a “Gilded Cunt” in alcuni riffs...Un buon brano per iniziare, potente, anche se i tanto amati screams di Dani, quelli apprezzati su Dusk, ma anche su Midian, sono del tutto assenti.
Un buon riff ci porta ad una canzone che mi ha lasciato perplesso: “Tonight in Flames” parte bene, ma si sviluppa malissimo. A parte lo scream di Dani, ma la canzone nel ritornello è patetica con Dani che “canta” e non urla. Una ricerca della melodia che davvero fa pietà, e poi, sentire Dani cantare melodicamente mi fa rabbrividire e mi svilisce quanto Dani ha fatto di buono in passato. E inoltre, prevedibile la sezione centrale, con i soliti inserti di pianoforte e uno scream sussurrato per l'esplosione finale con tanto dio assolo. L'esperimento “melodico” risulta completamente fuori luogo, visto che le parti migliori del brano sono proprio quelle potenti.
Dopo questo episodio non proprio felicissimo si passa ad un'altra caduta: “Libertina Grimm”; un riff banale che fa decollare il brano ma è presente un Dani Filth inascoltabile, soprattutto quando canta il titolo del brano, e con le soluzioni vocali già sentite e risentite. Il brano rimane senza un reale sviluppo e 10 secondi esclusivamente sinfonici che sinceramente non ho capito a cosa servissero. “The Byronic Man” ripresenta Dani Filth alle prese con un cantato melodico in un brano brutto, semplicemente brutto, lento e monotono ed è da dimenticare anche la pessima presenza di Ville Valo (vocalist degli Him). Ulteriore passo falso. Finalmente si rientra in territori più decenti: “I am the Thorn” finalmente riporta i Cradle su livelli qualitativi decenti. Certo, il sound è lo stesso di Nymphetamine, ma per ora è uno dei migliori del disco. Energico, veloce e molto aggressivo. Inutile descriverlo ulteriormente perché è davvero un ottimo brano. “Cemetery & Sundown” continua un discorso che finalmente riesco ad apprezzare, e finalmente si presenta qualche piccola evoluzione: il riffing rimane potente ma scandisce buone melodie a supporto di un “growleggiante” Dani Filth. Anche “Lovesick for Mina” (che sembrerebbe essere un tributo a “Dracula” di Bram Stoker) ripresenta questo riffing melodico e il brano è di grande atmosfera, molto vario e ben sviluppato e presenta finalmente una degna orchestrazione.
Paradossalmente la parte migliore del disco è proprio la parte centrale, dopo un inizio davvero sottotono. “The Foetus of a new day kicking” ci ripresenta un cantano a tratti melodico in un brano che comincia a scendere rispetto ai grandi episodi precedenti. Buono, ma nulla di più, e fa presagire un'ulteriore caduta qualitativa. Che si avvera: dopo un'introduzione letta dal grande Doug Bradley (l'attore che interpretava Pinhead nell'immortale “Hellraiser” e già presenta in altre canzoni dei Cradle, quali “Her Ghost in the Fog”) parte una lunga strumentale intitolata "The Rise of the Pentagram". Monotona, in cui le chitarre non fanno altro che la parte ritmica, mentre ci pensa una cornamusa a fare la melodia. Ma è una strumentale che davvero lascia il tempo che trova, essendo davvero senza spunti interessanti.”Under Huntress Moon” è un gran bel brano, preludio alla completa pazzia di “Temptation”: cover degli Heaven 17, è un brano inascoltabile, ai limiti della dance, ricco di campionamenti e un ritornello disgustoso.

Per una buona metà il disco è deludente per poi rialzarsi repentinamente. Sicuramente gli episodi più riusciti sono “I am the thorn”, “Under Huntress Moon” e “Lovesick for Mina” e qualche episodio minore quale “Cemetery & Sundown”. Gli altri brani sono da evitare. In definitiva, un disco in perfetta sintonia con Nymphetamine. Proprio come il precedente, presenta episodi degni di merito, alternati a passaggi veramente pietosi. Penso che un sufficienza arrancata la meriti, ma sottolineo, arrancata proprio grazie a pochi brani veramente belli. 

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