Cristina guarda queste mani, tocca gli oggetti che ho lasciato nella polvere. Ho un desiderio lontano, che corre via nella mente attraverso Le Solite Cose. Il dono mai ricevuto, le parole che non ho mai trovato sulla bocca degli altri. La tua Piccola Faccia stupita può cancellare una lista di sconfitte. Che sanguinano. Ho Sempre Me, l'invisibile riflesso nello specchio chiuso dentro il baule dei ricordi. E' L'Aridità Dell'Aria che s'insinua tra le pieghe dell'anima, come un cancro. Lacera Raso E Chiome Bionde, lentamente il boia taglia la mia gola. E niente mi sorprende più. Esiste un futuro che ci aspetta, basta scegliere Senza Disturbare. Prego di qua e abbassi la testa, prego si tolga dalla luce e sorrida enormemente. Nel petto c'è un alveare che profuma d'api e miele, un Labirinto di confusione e ghiaccio. Risalendo 38 minuti di catarsi e immagini drammatiche, nell'esordio datato 1997 di Cristina Donà vola alto la sua voce sottile tra Stelle Buone ( Jeff Buckley, PJ Harvey, Patti Smith, la titletrack dedicata a Cobain) e chitarre livide, atmosfere minimali e produzione narcotica di Manuel Agnelli. Acquerelli sonori di apatica penombra, paesaggi sentimentali d'una talentuosa cantautrice che non ha paura di mostrarsi al mondo. Anche incerta. Contraddittoria.

Cade una stupida goccia lungo le nervature della foglia. Cade un attimo prima della Tregua, fuori dai vetri il freddo parla Ogni Sera al cuore di stranieri abbandonati. Dal video all'altare e dall'altare al video, apriamo queste scatole vuote. I fucili riempiono i muri, e nulla rimane dentro perché dentro è... Fuori.

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