Uh-oh! Ci fanno notare che questa recensione compare anche (tutta o in parte) su rusty81.altervista.org

Sporca, brutta, perniciosa faccenda quando si deve affrontare una recensione che concerne un mostro sacro come questo. Anno, dal punto di vista musicale e non solo, magicamente opulento di fatti il 1970 nel bene e nel male: Bob Dylan sembra essere un recluso, dopo il famoso incidente in moto, lontano anni luce dall'immagine che lo accompagnato negli anni trascorsi e gli ha data la fama; i Beatles, dopo una carriera artistica di altissimo livello, un fuoco di fila di dichiarazioni al vetriolo, la difficile faida economica, erigono un epitaffio insulso, una lapide di cartone (ingiusto giudizio del NME) chiamata "Let It Be", spezzando il cuore a milioni di fan; i Rolling Stones insistono nello sfoggiare al mondo la loro nuova immagine decadente, necrofila e gotica, ormai prossimi ad abbandonare la madrepatria per la Francia a causa dei problemi con il fisco inglese. Con l'Apollo 13, la Nasa riacquista popolarità con un evento che avrebbe potuto tramutarsi in tragedia , definendola "un fallimento di grande successo", il primo volo del Boeing 747 è sotto il marchio Pan American; In Grecia, il generale Papadopulos con un colpo di stato istituisce la "dittatura dei Colonelli". Il Festival dell'Isola di Wight assume dimensioni ciclopiche: seicentomila presenze stimate; gli Who producono il più grande live mai registrato Le assi della scena progressive è calcata da grandi nomi quali: ELP, Genesis, Yes, King Crimson, Gentle Giant, Caravan, Jethro Tull. Ma chi è mai questo supergruppo? David Crosby: poco appariscente ma non ultima ruota del carro dei gloriosi Byrds; messo da parte dal talento emulatore di Roger McGuinn, cerca vie d'uscite per poter esprimere le sue capacità. E ci riesce, abbandonando la band e producendo il disco eponimo con Stills e Nash. Stephen Stills: compositore dotato di un indomito talento compositivo, autore di quell'inno generazionale che ha il nome di For What It's Worth. Per un pelo non è della squadra di un tale Jimi Hendrix e dopo i Buffalo Springfield, tenta, senza successo, un'intesa con Mike Bloomfield. Graham Nash: immaginate la risposta cotta e mangiata, e a tratti un po' ingessata, ai Beatles (peraltro non senza poche doti); beh, quella è la band di questo giovane uomo, che, timoroso del calo di vendite degli Hollies, decide di fare un omaggio a Cristoforo Colombo, attraversando l'Oceano. Neil Young: avete presente quel canadese dai grandi baffi, accusato di razzismo da Lynyrd Skynyrd, che ha scavato nel cuore folk, ne ha estratto le gemme e portate alla luce spendente della sacra fiamma del rock? Beh, anche lui parte dei BS, incuriosito dal gruppo, decide di fare una capatina. I quattro si incontrano al festival di Woodstock, sorridono amichevolmente e decidono di incidere CSN, senza Young, meglio conosciuto come il divano. Un anno dopo i quattro si riuniscono e danno alle stampe, un disco, che insieme a quello di The Band e di The Beatles, è il secondo album più atteso della storia. E come non si potrebbe biasimare quest'aspetto: è frutto di oltre 800 ore di lavoro. Possiamo allora che questo lavoro è stato il miglior disco in circolazione nel '70? Perché no. Ma prima date un'occhiata al passato: diciamo che è il solo album con questa formazione (ed è difficile dire che qui Young dopo la meraviglia di After The Fold Rush qui sia poco in vista). Facciamone uno avanti, già che ci siamo: nella tormentata esistenza di questa band, forse questo disco è inferiore allo stesso 'divano' (dato che "I Could Remember My Name" è un autentico compendio di psichedelia comparata). Se poi qualcuno vuole farne una questione di genere, un'altra canadese (Joni Mitchell) ha dato alle "Ladies Of The Canyon" e poi l'anno dopo "Blue" che sono entrambi migliori di Déjà Vu. Ma questo disco é pur sempre una pietra miliare anche se la media rimane piatta. Ci si innamora subito a "Teach Your Children" e al blues di "4+20", vero? Ma allora perché questo disco é guardato con tanta ammirazione e nostalgia, già a cominciare dalla copertina, degna del Sgt Pepper's o di "Houses Of The Holy", benché presenti le sue pecche? Perché io stesso, che sono nato 2 decenni dopo la pubblicazione, ne custodisco gelosamente una copia? Perché Déjà Vu ha la straordinaria incantesimo di saper mantenere unitele quattro fin troppo spaziose personalità di CSN&Y, soprattutto se si pensa che dopo poco tempo, i quartetto avrebbe intrapreso un crocevia a senso unico.

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