"Arctic summer" è il titolo di un romanzo "fantasma" E.M. Forster, iniziato nel periodo immediatamente successivo a "Casa Howard" (primi anni '10 del secolo scorso) e rimasto incompiuto. Sarebbe dovuto essere ambientato, almeno in parte, in Italia, sulla falsariga di "Where angels fear to tread", o "Monteriano", che dir si voglia, e "Camera con vista": questo dettaglio specifico l'ho appreso proprio grazie a Damon Galgut, che ne ha riutilizzato il titolo per questa sua... come definirla? Biografia romanzata? Romanzo storico? La migliore fanfiction mai scritta? In ogni caso, per chiunque ami Forster, "Estate Artica" và effettivamente a colmare una lacuna, e lo fa connettendo minuziosamente lo scrittore e la sua opera letteraria, i personaggi e le persone reali che li hanno ispirati, sfumando magistralmente il confine tra vissuto e finzione. Il fatto che Edward Morgan Forster sia già di per sè una figura affascinante ed empatica, quasi senza tempo da un certo punto di vista, ovviamente aiuta a rendere il tutto ancora più vivido e più bello.

Prima di avventurarsi nel tortuoso, spesso sofferto intreccio narrativo di "Estate Artica" è vivamente consigliabile leggere quantomeno tre specifici romanzi di E.M. Forster: "Passaggio in India", "Maurice" e "Il viaggio più lungo"; guarda caso, questi sono anche i miei tre preferiti. Solo così, infatti, è possibile comprendere e apprezzare pienamente le innumerevoli citazioni e rimandi a queste opere, che sono poi quelle attraverso cui Forster si è "esposto" più direttamente. "Passaggio in India" è la meta finale, i lunghissimi anni della sua gestazione sono il tema centrale di questo romanzo. Che, tuttavia, a immagine della vita dello stesso Forster, è strutturato in maniera per nulla lineare; si spezzetta, si dirama in svariate sottotrame e linee narrative, arrivando così a tracciare un ritratto umano veramente completo, dettagliato e credibile dell'uomo prima ancora che dello scrittore. Che tipo di ritratto? Il ritratto di un uomo che, non avendo l'indole dell'attivista, del "guerriero", non ha altre armi per combattere l'impari battaglia con la società del suo tempo se non quelle del suo genio creativo e della sua vivace, inestinguibile curiosità. Debole, apparentemente, e sottoposto a pressioni soverchianti: in questo ricorda da vicino Maurice, il protagonista dell'omonimo romanzo. Maurice arriverà alla salvezza tramite l'amore, per il Morgan Forster qui narrato, alla fine, saranno solo penna e inchiostro a dare un senso a tutto quanto, a consentirgli di elevarsi oltre delusioni, repressioni e sofferenze. E se, nel complesso, "Estate artica" può quasi definirsi una sorta di sintesi tra "Passaggio in India", la nebulosa, agognata meta finale e "Maurice", che come un'epifania compare improvvisamente, dando nuova linfa vitale ma al tempo stesso distraendo dalla già citata meta il genio creatore, non và tuttavia dimenticato il vertice originario del "trittico", quel "The longest journey", a cui sono dedicati brevi e meravigliosi scorci di narrazione, in particolare una pagina dai toni particolarmente visionari che rappresenta uno dei vertici emotivi più commoventi di tutta l'opera, specialmente per qualcuno che "Il viaggio più lungo" lo adora anche per ragioni personali.

Come dichiarato dallo stesso autore in una breve postfazione, "Estate Artica" è il frutto di meticolose, accurate ricerche storiche e biografiche; tra le sue pagine appaiono svariate figure letterarie e culturali dell'epoca; su tutte spicca il profilo eroico di Edward Carpenter, ai più, come ad esempio D.H. Lawrence e Virginia Woolf, viene affidato un ruolo più marginale, un cameo. eppure, come del resto è inevitabile in un caso del genere, Damon Galgut vi ha proiettato moltissimo del suo; "In una stanza sconosciuta", di cui ho già parlato, è una solidissima dimostrazione di questa mia tesi. Qui la prosa è ovviamente molto più articolata, come si addice ad un romanzo storico, ma la l'inquietudine e la solitudine provate lì da Damon e qui da Morgan sono perfettamente sovrapponibili, entrambi cercano nel viaggio, nel contatto con elementi "estranei" una panacea, una via di fuga da una vita insoddisfacente e disarmonica, in entrambi i libri compaiono ciclicamente immagini particolarmente aspre, e il finale rimane parzialmente irrisolto e dissonante. Nel complesso, "Estate Artica" condivide tante caratteristiche con un immenso capolavoro letterario a me particolarmente caro, "Memorie di Adriano" di Marguerite Yourcenar; in entrambi, c'è questa affascinante ambiguità tra narratore e narrato giustapposta a una rigorosa ricostruzione storica, entrambi, tra splendori e miserie, narrano non solo la vita di due, chiamiamole così, icone queer, ma anche i rispettivi milieu, in maniera ampia e dettagliata.

Concludo questa mia disamina con un dettaglio piuttosto affascinante: Ad oggi "Estate Artica", uscito nel 2014, rimane l'ultima pubblicazione letteraria di Damon Galgut; sappiamo tutti che "Passaggio in India", finalmente pubblicato nel 1924, dopo la lunghissima e tortuosa gestazione qui sviscerata, fu l'ultimo capitolo della storia di E.M. Forster come romanziere. Ora, ricordo che Damon Galgut non è uno scrittore prolifico, men che meno "seriale", ma sei anni di pausa lasciano comunque spazio per un'insidosa, suggestiva domanda: che l'eco delle grotte di Barabar/Marabar sia effettivamente qualcosa di sovrannaturale? Una sorta di canto delle sirene per gli scrittori che vi si sono imbattuti? Una surreale "magia" indiana a'la Salman Rushdie? Per quanto ne so, potrebbe anche esserlo.

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