Il ritorno a casa...

Dopo aver sperimentato ulteriormente con i loro sound preferiti in "The Underground Resistance", datato 2013 (come vola il tempo...), il duo formato da Nocturno Culto e Fenriz era riuscito a riportare alla base i vecchi fan, che si erano tenuti alla larga dai dischi di forte ispirazione Crust Punk.
Ora che mi trovo davanti ad "Arctic Thunder", la loro ultima fatica uscita lo scorso 14 ottobre tramite Peaceville, posso finalmente dichiarare con certezza: SONO TORNATI!
Titolo del disco che rende omaggio ad una band Thrash Metal norvegese omonima, attiva verso la seconda metà degli anni '80.

L'album in questione segna un'altra possibile, o momentanea, virata di sonorità, sebbene non sia una novità: i Darkthrone, infatti, tornano a proporre il Black Metal nello stile che li ha contraddistinti dal resto della combriccola del "(True) Norwegian Black Metal" degli anni '90, quello lento e oppressivo.
Definirlo solo un disco Black Metal sarebbe troppo limitativo però, poichè si possono ancora riscontrare leggeri strascichi del sound della loro ultima decade ma soprattutto Doom Metal (passione di Fenriz) e qualche tintura Heavy Metal.
Come nel precedente, si ha una perfetta divisione di strumentazione, musica e testi tra i due, a dimostrazione della super ordinata organizzazione che vige all'interno del progetto; una differenza che si può notare all'ascolto, invece, è la quasi totale assenza di voci pulite, infatti sarà Nocturno Culto ad occuparsi maggiormente delle parti vocali.
Alla fine, presentano un disco relativamente corto di neanche 40 minuti per 8 brani. Tutto nella norma.

Sebbene gli album influenzati dal Crust fossero a metà tra il mediocre e il buono, non c'è alcun confronto quando i Darkthrone mettono le mani in pasta e preparano la loro specialità.
Comincia una specie di viaggio per il viale dei ricordi quando parte il singolo e opener "Tundra Leech", un brano che farà sorridere i veri "die hard fans", di matrice prevalentemente Black Metal "stile Panzerfaust" che funge da ottima introduzione al disco, dove già si possono sentire sfumature Doom. Con ritmi più incalzanti ma sulla stessa scia c'è la successiva "Burial Bliss".
"Boreal Fiends" e "Deep Lake Trespass" mostrano il lato più Doom della cooperativa Nocturno Culto/Fenriz. Sono personalmente rimasto sorpreso dalla qualità proposta da quest'ultimi in questa diversa veste; insomma, se dovesse continuare questa amalgama di Black e Doom Metal ne sarei davvero felice. Questi sono i brani da tener maggiormente d'occhio.
Un po' meno interessanti forse i brani di stampo più Heavy e struttura più classica, come la conclusiva "The Wyoming Distance", che però nel finale racchiude un divertente siparietto con protagonista Fenriz subito in modalità cazzeggio dopo la fine della canzone, mentre canticchia melodie a caso in falsetto e un verso da "Blackbird" dei Beatles. Fenriz is the man!

Come mi suggerisce l'artwork, una fotografia molto semplice nella sua intensità, i colleghi ma, prima di tutto, amiconi sono tornati alle loro passeggiate infinite per le foreste norvegesi... ahhh, le vecchie abitudini. Sentori di nostalgia, dai.

Da grandissimo estimatore del gruppo, affermo che "Arctic Thunder" e "The Underground Resistance" sono il meglio che il duo abbia prodotto negli ultimi 15 anni. Entrambi da 4 stelle e mezza in pagella.

La fiamma arde ancora...

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