Sincretismo.

Letteralmente è "un'unione alla cretese" e il termine fu coniato agli inizi del 1° secolo dopo Cristo, per indicare tutte quelle compagini assortite, apparentemente, in maniera bizzarra, ma che avessero, come scopo unico, il raggiungimento di obiettivi comuni. Durante la storia si sono avvicendate molte alleanze di questo tipo, in guerra, in economia, in politica (leggi: Berlusconi, Bossi) e ovviamente anche nell'arte. A tal proposito ecco la coppia Daryl Hall/Robert Fripp. Il primo con un piede nel blues e l'altro nel soul, il secondo poderoso leader di una delle formazioni più avanguardistiche e innovative della storia progressive: i King Crimson.

Il fatto fu che Fripp stava preparando una trilogia, della quale curava non solo la produzione ma anche, più o meno direttamente, la realizzazione. La trilogia era composta dal suo "Exposure", che uscì nel 1979, dal secondo album solista di Peter Gabriel, che uscì nel 1978 e da questo "Sacred Songs", che avrebbe dovuto uscire nel 1977, ma che la RCA ritenne "decisamente poco commerciale" e che non liberò fino al 1980. La trilogia avrebbe dovuto rappresentare quello che per Fripp era la musica per la "massa" e inserirsi dritta nelle classifiche e nelle radio, facendo parte del filone M.O.R. (Middle Of the Road). Nessuno dei tre dischi, ovviamente, ebbe il successo sperato, decretando un fallimento dell'idea, ma un successo deciso negli ambienti più colti.

Entrambi i personaggi, come si può leggere nelle note del libretto della ristampa su CD, firmate dallo stesso Fripp, si portarono dietro i propri bagagli, fatti non solo di esperienza e storia musicale, ma anche di strumentisti. Fripp e la sua band, uscivano dalle sessions di "Heroes" di Bowie a Berlino e Hall da quelle con Oates (suo compare storico) e l'intera ex band di supporto di Elton John. Si possono ben pensare i tuoni e i fulmini di Philadelphia in quel periodo di registrazioni. Eppure la pulizia, l'espressività, la forza e l'eleganza di qualsivoglia singolo gesto sono leggibili in ogni secondo di ogni brano, sia quando Hall si esprime in pungenti pop rock, sia quando Fripp mette in moto il "Frippertronics" e le sua concezione più totalitaria della musica. La scrittura a quattro mani seppe donare al lavoro una forma e una sostanza unica.

Brani come la tesa e graffiante "Something In 4/4 Time" sprezzante verso tutti i discografici che pretendono brani facili e accessibili, come la sinuosa e intrigante "Babs and Babs", la romantica e riflessiva "Why Was It So Easy", il fantastico esercizio vocale di "Without Tears" da una parte e la convulsa rincorsa di "NYCNY", le ampie e libere "Urban Landscape" e "The Farther Away I Am" dall'altra, circondate da altri frammenti di pop-rock-soul-progressive e sperimentazione, fanno di questo disco un capolavoro senza tempo e senza una reale collocazione, tra la melodiosa e precisa vocalità di Hall e le intrusioni furibonde e malate della chitarra frippiana, rapporto perfettamente riassunto nell'esplosiva e a tratti blues acido psichedelica "Survive" vero oggetto rappresentativo del sincretismo soul-prog.

Alla fine di tutto Fripp dichiarò di non aver mai lavorato con un cantante così bravo e professionale, e noi ci crediamo.

Questo disco ha un merito enorme, che va ben al di là della sua intrinseca bellezza e la sua enorme diretta musicalità: ha saputo essere ponte tra due generi che apparentemente non hanno nulla da spartire, dimostrando - se ce ne fosse bisogno - di quanto la Musica (questa volta con la maiuscola) sia non un linguaggio, ma IL linguaggio. Il sincretismo di cui si parlava all'inizio è l'avvio, è l'idea originaria, il prodotto è la dimostrazione che incontri, forse improbabili, sanno generare Arte incontestabile. E a questo la musica serve.

Sioulette.

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