“Here, there’s no music here/ This no place, but here I am, this is no plan"

Oscuro, ipnotico, inquietante. Mette i brividi l'ennesima testimonianza di Bowie, specchio dell'ultimo folgorante lavoro in studio "Blackstar". Testi da togliere il fiato, che mettono l'ascoltatore in contatto con un'altra dimensione, testi che mettono i brividi. Ci si sente trasportati dentro una nuova avventura musicale, quel rock che cede il passo al trip-hop, perfetto per raccontare la fine, il contatto con la morte. La suspance creata durante tutto il brano si scioglie in toccanti assoli di sax, orchestrazioni jazz. È dura, soprattutto per i fan di vecchia data sentire l'esperienza drammatica del loro idolo, che cadde sulla terra per incantarci tutti, e che ha dovuto abbandonarci.
Lui stesso durante la realizzazione del suo ultimo album, del suo "testamento", si era rassegnato alla morte. Questo lo ha messo nella condizione di fregarsene, di ignorare tutto e parlare di sé, raccontarsi al mondo, raccontare la terribile esperienza che lo stava stremando. È riuscito a raggiungere un altro livello, a elevarsi, a superare i suoi limiti e creare. Da un qualcosa di negativo si può ottenere anche qualcosa di buono, e lui, l'ha fatto, eccome se l'ha fatto.

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