BEST-SELLER. 'Er ist wieder da' di Timur Vermes aveva già costituito a suo tempo un caso letterario in Germania (in particolare) e successivamente in tutta Europa. Il libro, diventato in breve un best-seller, oltre che essere ben scritto, era molto documentato e scritto con una accortezza tale da non solo non annoiare il lettore, ma neppure scadere in una facile ipocrisia e data la delicatezza dell'argomento. Raccoglieva conseguentemente critiche esclusivamente positive e il fatto che da questo venisse fatto un film allora appariva un fatto normale. Una naturale conseguenza.

Il film, diretto da David Wnendt e con l'attore Oliver Masucci nel ruolo del Fuhrer, è fatto bene e oltre che riprendere la trama e i temi del libro, si propone di rielaborarne i contenuti a suo modo, creando quello che è un apparente stato di confusione allucinata, che invece che confondere lo spettatore, ne rafforza i significati. Se ci aggiungiamo anche questo, ecco, in questo caso possiamo benissimo parlare di una di quelle casistiche in cui la resa cinematografica dell'opera letteraria non è solo riuscita, ma ne amplia le tematiche e aggiunge a quelle che sono proposte delle nuove prospettive anche visuali e che in quanto tali inevitabilmente non potevano, non possono essere colte nella lettura del libro.

Questo per la verità succede per lo più nella parte finale e nella quale forse il regista fa sottilmente uso di quello strumento di 'propaganda' di cui poi tanto si discute all'interno del film, ma in una maniera cinematografica di mestiere e che mi ha fatto pensare con il dovuto rispetto ad alcuni tentativi cinematografici del grande Marco Ferreri.

In una specie di appendice alla storia raccontata dal libro e aggiunta nel film, si compie infatti una specie di mistura e nella quale la storia della realizzazione del libro viene raccontata nel film e come se i fatti fossero veramente accaduti. Come se Adolf Hitler fosse veramente misteriosamente riapparso in piena Berlino nel 2014.

PROPAGANDA. Del resto lo stesso libro, la stessa opera in sé, si potrebbe definire propaganda oppure no? La questione posta dal film, dopo il libro, è questa: dove finiscono i suoi contenuti e dove comincia il mondo reale e la nostra realtà quotidiana.

A queste domande sembrerebbe voler dare una sua risposta proprio Adolf Hitler in persona alla fine del film, quando afferma, pure richiamando una frase già più volte sentita e adoperata in campo cinematografico, che è impossibile eliminarlo, che non ci si può liberare di lui perché in fondo c'è una parte di Adolf Hitler in ognuno di noi. Che nel caso specifico dell'opera forse più che qualche cosa che dovrebbe farci riflettere e in qualche modo raccapricciare, costituisce invece un ammonimento. Forse quello ennesimo a fare sì che la storia non si ripeta, anche se la formula potrebbe apparire differente e forse in questo senso cercare di rielaborare tutto quello che è successo e che succede ancora oggi in una modalità diversa. Parlare di umorismo nero in questo caso forse è possibile, ma tutto sommato, a guardare bene, questo film (come il libro del resto) non fa ridere. Ma fa pensare. Così come fanno riflettere e avrebbero dovuto fare riflettere anche settanta anni fa, quelle che sono le esternazioni di Adolf Hitler.

Di che cosa parliamo quando parliamo di 'propaganda'? Adolf Hitler riappare misteriosamente e senza nessuna ragione logica e apparente in piena Berlino nel 2014. Praticamente due anni fa e forse nel periodo di massima crisi per quello che riguarda la situazione dell'Unione Europea se consideriamo la precaria e allora molto discussa situazione di Grecia in particolare, ma anche Portogallo e Italia. Situazioni peraltro irrisolte e di cui oggi si discute meno data quella che viene definita 'emergenza migranti' oltre che la questione-Isis. O meglio, sarebbe più corretto dire che se ne parla di meno di Unione Europea nel senso di 'funzionamento' della comunità, ma il tema oggi è sempre e ancora attuale e anche per quello che rigaurda le situazioni contingenti già rappresentate.

Non impiegherà molto Adolf Hitler (che non è una specie di simpatico vecchietto come in un vecchio racconto di Stefano Benni e contenuto in una vecchia raccolta di cui ora mi sfugge il nome, ma che è invece nel pieno delle sue forze fisiche e mentali) nella Berlino del 2014 a capire che uno strumento che egli tanto aveva adoperato per fomentare i tedeschi e cristallizzare il suo potere, sublimare il mito del terzo reich nella testa delle persone prima che all'atto pratico, cioè la propaganda, costituisce anche nella società di oggi uno strumento più che efficace. Una efficace resa tanto più potente dal moltiplicarsi dei mezzi di informazioni e conseguentemente anche delle persone che tramite queste possono essere raggiunte. Radio, trasmissioni televisive di ogni tipo, dai programmi di cucina (che a Adolf sembrerebbero non piacere particolarmente) ai programmi di intrattenimento e i soliti innumerevoli talk-show, per finire a quella grande miniera e risorsa di informazioni che poi sarebbe Internet.

Adolf Hitler, creduto veramente tale oppure no, diviene in breve una star e raccoglie consensi bilaterali presso la popolazione tedesca a prescindere dall'appartenenza politica dei diversi soggetti. Questo all'interno di una società in cui egli fa comunque fatica a ritrovarsi alla perfezione, almeno all'inizio, ritenendo a questo punto la sua presenza lì una specie di atto della provvidenza per scuotere il popolo tedesco e fargli ritrovare la retta via dove i vari partiti e le forze politiche, in particolare gli 'odiati' socialdemocratici', avrebbero invece fallito. Dichiara una simpatia per i Verdi, non casuale secondo me e che dovrebbe far riflettere al solito anche su alcune situazioni della politica nostrana, e finisce con lo scontrarsi con quelli che sarebbero i suoi 'eredi', cioè i cosiddetti continuatori del partito nazionalsocialista che guardano a lui più con timore che ammirazione e fedeltà particolare.

UNA STORIA VERA. Naturalmente la storia raccontata dal libro e conseguentemente dal film è una storia di fantasia. Non possiamo considerare neppure questo film come un film di 'fantascienza' in senso stretto. Per quanto infatti sia 'fantascienza' ipotizzare che Adolf Hitler, o qualsiasi altro personaggio storico, possa misteriosamente riapparire ai nostri giorni dal nulla, il tema della sua ricomparsa, come egli tecnicamente sia ricomparso è assolutamente irrilevante ai fini della trama e dei contenuti del film. Ne consegue, come già àaccennato, che Adolf Hitler, simbolicamente, in qualche modo non se ne sia mai andato e sia sempre stato qui anche dopo quella che sarebbe stata la sua morte, peraltro mai del tutto chiarita, nel 1945.

Qualche giorno fa, ultimamente esco molto poco di casa ma tutte le sere guardo un qualche film alla televisione oppure al computer, ho visto un altro film tedesco, che si intitola, 'Im labyrinth des schweigens' e diretto curiosamente proprio da un regista italiano trapiantato in Germania, Giulio Ricciarelli. Il film è ambientato a Francoforte, negli anni cinquanta, in una Germania divisa che dopo la guerra cerca in qualche modo non tanto di dimenticare quanto di fingere che nulla fosse accaduto. Viene raccontata allora la storia di un giovane avvocato che cercherà in tutti i modi di far venire alla luce quella che è stata la storia di Auschwitz e di instaurare un processo contro le SS e chi prese parte ai fatti avvenuti nel tristemente noto campo di sterminio e tutto questo primariamente riportando, anzi portando alla luce una storia che per quanto vicina nel tempo e nello spazio, risultava persino ignota, sconosciuta a gran parte del popolo tedesco e in particolare ai più giovani.

Facile scadere in una facile retorica parlando di nazismo e di quelli che sono stati i campi di concentramento. Per molti quelle che sono ricorrenze come, 'la giornata della memoria', sarebbero persino cazzate e roba che non avrebbe alcun senso di esistere e poi del resto, diamine, sono passati settant'anni, anche di più, dalla fine della seconda guerra mondiale. Senza considerare che situazioni internazionali tanto drammatiche, come quella classica israelo-palestinese, hanno nel merito sortito un effetto diametralmente opposto e in chiave anti-israeliana e anche se, è evidente, l'equazione Israele=ebraismo non costituisce per forza qualche cosa di esatto.

'Amon' di Jennifer Teege racconta la storia di Amon Goth secondo la testimonianza della nipote del boia di 'Schindler's List' e ne, 'Il complotto contro l'America', Philip Roth si concentra sulla situazione degli ebrei negli Stati Uniti d'America durante gli anni della guerra e immagina cosa sarebbe accaduto se a divenire presidente degli USA fosse stato il simpatizzante nazista e eroe dell'aviazione Charles A. Lindebergh. Possiamo considerare ovviamente tutte queste opere come se avessero un semplice contenuto didascalico - oltre che drammatico - ma possiamo anche invece ricercare al suo interno qualche cosa che riguardi non solo la storia passata, ma noi stessi in prima persona.

C'è un momento del film, che come detto in qualche modo differisce dal libro, in cui il personaggio di Hitler si fonde in qualche modo a quello del giovane Fabian Sawatzki, un giovane e sfortunato cinematografo, che sin dall'inizio ne segue le vicende e cerca mediante la sua storia, quella di Hitler, di ottenere successo e di affermarsi. È in questo momento che realizzi che la sua storia, quella di Fabian Sawatzki, può benissimo essere la tua e quella di qualsiasi altra persona e questo dove al netto delle difficoltà della vita, chiamiamole così, non puoi dimenticare la natura sociale dell'essere umano e che poi sarebbe quella negata dai principi del nazismo.

PICTURES OF ADOLF AGAIN. Non c'è una vera conclusione a questa storia, dico alla storia del film, anche se questo va guardato anche per cercare di scoprire quale sia il finale - è comunque anche un film di intrattenimento - che è comunque aperto e dove sembra vedere riavvolgersi all'infinito il grande nastro della storia. Ma questo, questo continuo riavvolgersi, non è qualche cosa che succede comunque quotidianamente e tutti i giorni della nostra esistenza individuale e collettiva?

Voglio dire, il fatto che Adolf Hitler fosse, potesse ritornare nella Berlino del 2014 oppure oggi, domani, è qualche cosa di assolutamente irrilevante. Non cambia nella pratica lo stato delle cose. Nel già citato film, 'Im labyrinth des schweigens' ('Il labirinto del silenzio') ad un certo punto il personaggio è ossessionato da due cose, la prima è la cattura di Josef Mengele, che invece come sappiamo morirà in Brasile alla fine degli anni settanta a causa di un infarto, la seconda e che poi è quella che diviene la chiave di volta nella sua ricerca e speculazione indivuale, è quella che riguarda il suo passato e quello della sua famiglia. Scoprire che anche il padre era stato iscritto al partito nazista e questo come praticamente la maggior parte dei tedeschi, lo porta inizialmente a voler mollare tutto, secondariamente a rendersi conto che quel processo per portare alla luce i fatti di Auschwtiz era qualche cosa di importante per quello che riguarda la 'memoria' e dove questa non costituisce commemorazione e/o commiserazione e neppure punizione, ma analisi e speculazione critica.

C'è una canzone di Bill Fay, contenuta in quello che considero uno dei più grandi dischi della storia della musica leggera e uno dei miei dischi preferiti in assoluto, 'Time of the Last Persecution'. La canzone si intitola, 'Pictures of Adolf Again'. Tutto il disco per la verità è permeato da quella che considero una profonda sofferenza interiore e spirituale, è un disco che considero in qualche modo religioso, ma non per quella che riguarda l'appartenza a un qualche credo particolare (sebbene Bill Fay appaia dichiaramente cattolico) quanto per quello che riguarda il proprio atteggiamento nei confronti della vita a degli altri. Bill Fay fa riferimento a Adolf Hitler e cita Balthazar Johannes Vorster, il leader del nazionalismo afrikaner durante gli anni settanta. Consapevole e spaventato allo stesso modo della 'ricomparsa' di Adolf Hitler come di qualsiasi altro 'Cesare', ci pone la domanda secondo la quale dove e come sia lecito rinnegare quelli che sono oggi i rappresentanti e i leader delle nostre nazioni e di quello che sarebbe il nostro sistema democratico. La questione è chiaramente ampia e meriterebbe un largo e ampio dibattito, ma il punto è: se Adolf Hitler riapparisse oggi nella Berlino o in qualsiasi posto del mondo, il nostro sistema democratico, che poi è composto da tutti noi nella nostra individualità, avrebbe i mezzi e le capacità tali da poterlo rifiutare, da poter impedire a questo 'mostro' di diventare in qualche modo dominante. Questa è la domanda con cui chiudo questa pagina e che prendo da una commedia nera ('The Last Supper' di Stacy Title) che ebbe un certo successo di pubblico e di critica negli anni novanta: 'Viaggiando nel tempo finiamo nel 1909 in Austria. Sei in un pub bevi una grappa con uno sconosciuto. Sai che studia arte e gli manca un testicolo. Il suo nome è Adolf. A questo punto della sua vita non ha fatto niente di male. Non è deluso, non è arrabbiato, non ha commesso alcun crimine, non va a cena portandosi un coltello in tasca, non ha ucciso nessuno e tantomeno ha scatenato una guerra mondiale. Tu non lo ammazzi? Gli devi avvelenare la grappa sapendo di poter salvare milioni di innocenti. Che cosa faresti?'

Quotes

1. 'L'unico barlume è dato da uno strano partito che si chiama: i verdi. È nato dopo la guerra in seguito a una violenta industrializzazione che ha prodotto danni enormi al paese, all'aria e a migliaia di persone.

'Vogliono impegnarsi a proteggere la razza tedesca, questi verdi.

'Possiate essere d'esempio!

'Ma la loro avversione per l'energia atomica per un paio di incidenti non è condivisibile. L'uranio è utile per gli armamenti.' (Adolf Hitler)

2. 'La mescolanza di razze non è una buona cosa.

Guardi quel pastore tedesco. La sua razza è pura. Se decidesse di incrociarlo con quel bassotto, che cosa ne verrebbe fuori?' (Adolf Hitler)

'Un pastore bassotto.'

'E che aspetto avrebbe?' (Adolf Hitler)

'Sarebbe buffo.'

'E ora provi a immaginare se due pastori bassotto si accoppiassero? Non nascerebbe mai un pastore tedesco.

'Assisteremmo dunque alla fine di una razza.' (Adolf Hitler)

'Giusto.

'La razza si estingue.' (Adolf Hitler)

'Già.'

'E questo accade anche nella nostra nazione.' (Adolf Hitler)

'Giusto.'

3. 'Non c'è mai un responsabile.

'La Germania ha bisogno di una svolta. Di un Fuhrer. La Germania ha bisogno di un vero leader, che la sollevi dall'ignoranza.

'L'autostrada, secondo voi, è stata opera di un uomo qualunque? No! Fu opera del Fuhrer!

'Quando la mattina mangia del buon pane, lei lo sa, è merito del fornaio.

E quando la mattina lei calpesta l'ex Cecoslovacchia, lei dovrebbe saperlo, è merito del Fuhrer.' (Adolf Hitler)

4. 'Nel 1933 nessun popolo è stato ingannato da nessuna propaganda. Mi hanno scelto come Fuhrer e avevo espresso le mie idee con molta chiarezza. La Germania mi ha eletto.' (Adolf Hitler)

'Lei è un mostro.' (Fabian Sawatzki)

'Pensa questo? Dovrebbe condannare anche tutti coloro che votarono questo mostro allora. Erano tutti mostri? No, era gente comune che decise di votare un uomo fuori dal comune e di affidargli il destino del proprio paese. Cosa vuole fare, decidere lei per tutti?

'Ho una domanda. Lei si è mai chiesto perché il popolo mi segue?

'Perché in fondo siete tutti come me. Abbiamo gli stessi valori.

'Ed è per questo che non mi sparerà.

'Non si può liberare di me. Sono una parte di te. Di tutti voi. Lo riconosca.

'Non sono poi così male.' (Adolf Hitler)

5. 'Che accadrebbe se riapparisse il vero Hitler, la storia si potrebbe ripetere?'

'Dio, sono più di settant'anni che rielaboriamo quanto è accaduto. I ragazzi non ne possono più di studiare il terzo Reich, credo che dovremmo avere più fiducia nell'umanità.' (Katja Bellini)

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