Non pochi dei nostri avi latini, erano soliti dire: «repetitae juvant».

E' sempre utile, allora, ricordare che a cavallo tra gli anni '60 e gli anni'70, nasceva un nuovo filone musicale, noto come «Hard Rock», grazie a veri e propri manifesti come Led Zeppelin II (1969), Black Sabbath (1970) e Deep Purple In Rock (1970).

Perché è sempre utile? Perché è storia.

Sappiamo anche che dei DEEP PURPLE ci sono svariate versioni, ma la più famosa rimane la MARK II (sebbene quella successiva, con Coverdale ed Hughes al posto di Gillan e Glover, non mi era per niente dispiaciuta). Dopo l'opera rock 'Concerto for Group And Orchestra', l'exploit di Blackmore-Gillan-Glover-Lord-Paice avviene col citato 'In Rock'. Un album che fa rumore nell'ambiente rock, così come apre, col frastuono degli strumenti tesi nell'incipit di "Speed King": un brano che si rivelerà un assioma del neonato genere. Anche "Living Wreck", "Bloodsucker" e "Child In Time" sono autentiche gemme del nuovo genere e scombussolerano non poco la critica, caduta sovente nell'errore storico di averli catalogati, in un primo momento, nel nascente filone progressive, aiutati dal successivo lavoro, 'Fireball' (1971), a tratti davvero spiazzante (nei suoi passaggi da "Fools" a "The Mule" attraverso "No One Came"). Il pubblico non apprezza, nonostante quello che si rivelerà un classico dal titolo "Strange Kind Of Woman".

Il mezzo passo falso mette in allarme i cinque che si ravvedono, tornando a battere la via dell'hard rock, inconsapevoli d'essere prossimi ad entrare nella leggenda. 'MACHINE HEAD' (1971) rappresenta la grande consacrazione, quasi imprevista, nonostante il boom con 'In Rock'.

I posters della Mark II entrerano nelle stanze di milioni di fans pronti a prendere tra le mani qualsiasi cosa l'immaginazione potesse trasformare in chitarra ed imitare Blackmore e la sua Stratocaster in "Smoke On The Water": probabilmente, una traccia su cui i 5, nelle previsioni, non contavano molto (non caso il primo singolo è "Never Before"), ma che può invece vantare quello che diventerà il riff più celebre del secolo. I magazines la chiameranno Purple-mania e non avranno tutti i torti.

Ma Machine Head non è solo Smoke On The Water, anzi. C'è, innanzitutto, quello che considero il miglior pezzo dell'intero repertorio (non solo Mark2): "Picture Of Home". Basta semplicemente ascoltare: 5 minuti al top tra liriche, ritmica, assolo di Blackmore, assolo di Lord e la chicca dell'assolo di Glover. C'è lo strepitoso progressive-boogie in "Lazy", oltre 7 minuti in cui al solito gioco d'assoli tra l'hammond di Lord e la Fender di Blackmore, s'inserisce anche l'armonica a bocca di Gillan, con chiusura finale in lezioso stile rhytm'n'blues. Un sound brillante, sempreverde, niente affatto scontato, anche in tracce minori come "Maybe I'm A Leo" (in cui il tocco di Paice rasenta la raffinatezza) e "Never Before" (prova impeccabile di Gillan). C'è, poi, l'arcinota "Highway Star" con cui i Deep Purple definiscono i contorni dell'hard rock dopo averne decretato la nascita l'anno prima (con "Speed King"). C'è, infine, una traccia che dal vivo rappresenterà un autentico cavallo di battaglia poichè si presta benissimo alle diverse improvvisate interpretazioni, succedutesi negli anni, del duo Lord-Blackmore: la mitica "Space Trucking".

Nella versione rimasterizzata "Anniversary 2 Cd Edition" (1997), verrà pure recuperata la splendida ballata blues dal titolo "When A Blind Man Cries" (originariamente rilasciata come singolo), in cui la coppia Blackmore-Gillan si esprime ai massimi livelli: davvero un peccato che l'intesa tra i due sia stata, a dir poco, travolta dalla discordia.

Insomma, questo è l'album per eccellenza dei Deep Purple, sebbene 'In Rock' sia stato quello storicamente più importante e, scusate l'arditezza della mia tesi, sebbene il vero e proprio capolavoro sia stato il successivo Live 'Made In Japan'. Soprattutto, lasciate perdere quei benpensanti e colti che si dilettano a scrivere di musica (perché non è di letteratura, ma di musica ciò di cui si parla), secondo cui l'Hard Rock sia un genere destinato solo ad un pubblico ignorante: quest'album (come altri) li sconfessa clamorosamente e, del resto, io stesso non mi vergogno a confessarvi che un paio delle sue tracce non me le sono fatte mancare neanche il giorno della mia laurea. Il generalizzare (tardo retaggio dei secoli passati), semmai, si presta ad essere un'esercizio fin troppo facile, persino per un ignorante del terzo millennio.

Filippo Guzzardi

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