Il miglior gruppo rock dal vivo che si sia mai visto e ascoltato gode ovviamente di una sterminata discografia live. Quest’album pubblicato nel 2011 non era stato ancora affrontato in questa sede e pertanto ci pensa il sottoscritto a colmare la piccola lacuna.
La formazione in ballo è la quarta (“mark IV”) della interminabile carriera, tuttora in essere, della coriacea band londinese. Accanto ai padri fondatori, i cognati Jon Lord alle tastiere e Ian Paice dietro alla batteria, evoluiscono perciò in questa occasione il cantante David Coverdale, il bassista e cantante Glenn Hughes e l’ultimo arrivato di allora, l’americano Tommy Bolin alla chitarra.
La scaletta musicale rende questo disco quantomeno appetibile anche per chi possiede già chicche dal vivo come “Made in Japan” e via dicendo, nella sua discoteca. Accanto infatti alle ineluttabili “Smoke on the Water” e “Lazy” (da “Machine Head”, mark II) ed alle ben diffuse “Burn” (da “Burn”, mark III) e “Stormbringer” (da “Stormbringer”, sempre mark III), si possono ascoltare innanzitutto tre contributi dall’allora recente “Come Taste the Band”, esordio ed insieme epitaffio in studio della qui presente mark IV. Come chicca speciale arriva poi l’ottavo pezzo “Homeward Strut”, un estratto dal solo album “Teaser” di Bolin, uscito in quello stesso periodo.
L’anno è il 1976, la tournèe è logicamente quella, incasinatissima, di “Come Taste the Band”. Tre registrazioni provengono da un paio di concerti a Long Beach vicino Los Angeles, le altre cinque tutte dal… Giappone (aridaje!), chissà in quali città.
Per i tanti aficionados è un occasione per verificare soprattutto l’impatto del cavallo pazzo Tommy Bolin sugli equilibri musicali e stilistici del quintetto: in effetti la chitarra ondivaga, sporca, talentuosissima, guizzante, indisciplinata, decisamente personale del povero Tommy costituisce una robusta novità rispetto all’altrettanto geniale, ma più strutturato Blackmore. Le fondamenta dei pezzi pertanto risultano essere tenute ben salde dai due veterani Paice e Lord, solidi e perfetti come non ce ne sono di eguali.
Gli altri tre giovinotti, non solo Bolin quindi, cazzeggiano appena possono, ciascuno secondo proprio carattere; a cominciare dall’esuberante Hughes che caccia i suoi urlacci a destra e manca, con Coverdale che cerca di imitarlo, inevitabilmente in tono minore. Anche il basso, dio bono!: lo sentono anche in Corea nei concerti giapponesi, o a San Francisco negli altri. Per quanto riguarda Bolin, mi ripeto: era un chitarrista anarchico, genialoide, sicuramente fantastico nelle serate buone e deleterio in quelle cattive. Per sua conformazione artistica, non riusciva a ripetere un riff più di due volte allo stesso modo, così nella musica quasi sempre ben sagomata creata a suo tempo dalla coppia Glover/Blackmore lui sentiva il bisogno impellente di deviare, variare, infiorettare, sperimentare.
Ed è un bel sentire, almeno nelle serate immortalate da quest’album e malgrado le eccessive forzature del sempre discutibile Hughes… tanto ci pensano i due “vecchi” a tenere la barra dritta. Paice è il miglior batterista rock di sempre dopo Bonham, non sbaglia un colpo, ha un suono bellissimo, un “drive” perfetto, una peculiarità magnifica; è una gioia stargli dietro con l’orecchio. Il compianto Lord è un signore “progressive” convertitosi all’hard; non ha un’idea di come si crei un canovaccio di canzone del genere rock pesante ma, una volta che gliela propongono, come ci infila poi il suo grasso e grintoso Hammond non ce n’è per nessuno. The best! Suoni ed esecuzioni inarrivabili, che hanno fatto la storia.
Li ho visti in concerto tre volte i Purple; una volta con la mark II, una con la mark VII e infine con la mark VIII: sempre travolgenti, potenti e… swinganti, con humour e divertimento. Qualche loro album dal vivo da tenere in casa mi sembra il minimo, anche per chi preferisce di gran lunga i lavori in studio. Vi è sempre del valore aggiunto in essi, in particolare la capacità di non irrigidirsi nelle proprie partiture e di cogliere l’essenza del rock’n’roll, pur con un livello virtuoso di capacità musicale.
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