Ed eccola qua ancora, Demi Lovato, con il suo quarto album Demi. Questo disco non toglie né aggiunge niente al suo predecessore Unbroken. La struttura è articolata in un modo incomprensibile, tanto che alcune canzoni possono sembrare momentaneamente incoerenti con il resto dell'album. Si parte con il singolone di lancio, "Heart Attack", che molto probabilmente è stato modificato al computer e neanche in modo poco evidente. "Made in the USA" continua con atmosfere dance, condite da un country tipico appunto degli Stati Uniti. "Without The Love" non è eccezionale ma ha un ritornello che entra facilmente in testa. "Neon Lights" è un poco azzardata, ma il risultato riesce lo stesso a convincere. Uno dei pezzi più confusi di Demi è "Two Pieces", che parte come una ritmata ballad al pianoforte e sfocia in un ritornello danzereccio. Il reparto ballad si apre definitivamente con "Nightingale", personalmente una delle meno riuscite dell'album. Strano, perché la Lovato ha nel repertorio questa capacità di costruire accordi al pianoforte e cantarci sopra magistralmente. Né dà prova nella successiva "In Case" che mette le lacrime già dopo i primi due versi. Dopo si ritorna però più allegri con una serie di quattro pezzi del classico pop americano. La scia comincia con "Really Don't Care", una collaborazione con la rapper Cher Lloyd. Non lascia però il segno quanto la bella "Fire Starter", la traccia migliore del disco a mio parere. "Something That We're Not" è ancora in tema pop, più da teenagers però in qualche modo... La più ragionata delle quattro è però "Never Been Hurt": testo profondo, musica da urlo, senza parole. Le ultime due canzoni molto particolari, anche: "Shouldn't Come Back" è accompagnata alla chitarra, "Warrior" (da notare il bellissimo testo) al pianoforte.

Un disco che convince, seppur non appieno, i Lovatics e che è per loro una conferma della voglia di crescere della loro idola...

Carico i commenti... con calma