Mi scusino i DeBaseriani tutti per la mia profonda insistenza nell'analizzare i Depeche Mode ed i loro lavori, almeno quelli che ritengo importanti e fondamentali al fine di comprendere la loro biografia musicale.

"Ultra" è insieme a "Songs Of Faith And Devotion" l'album che racchiude al suo interno la summa de periodo oscuro della band britannica. Ma mentre "Devotion" rappresenta l'aperitivo, "Ultra" è il dessert", ossia in poche parole il lavoro che chiude definitivamente quella direzione artistica intrapresa fin dall'87 con "Music For The Masses". Il decennio 87-97 è rienuto da molti, compreso il sottoscritto, come l'apoteosi creativa dei Mode, gli anni di Personal Jesus e di altre perle musicali di pregevole fattura, soprattutto se analizzate in seno agli avvenimenti semi-tragici che hanno sconvolto codesta formazione musicale.

Ma veniamo al dunque. 1997. Gahan, grande consumatore di stupefacenti da immemore tempo, il rocker dannato di "Songs Of Faith And Devotion", rimane quasi ucciso da un mix fatale di droghe. Si salva in extremis, ma la sua psiche è più che fragile, è un coacervo di confusione, incoscienza, maledizione, illusione. Non solo. Alan Wilder, a causa della malandrina direzione artistica e d'immagine dei Mode e degli eccessi di Gahan, lascia una band sull'orlo del collasso. Tutto sembra presagire la parola "the end" alla strepitosa favola dei Depeche Mode, ma eppure ancora una volta accade il miracolo. E la prima fase di questo miracolo è "Ultra".

Disco estremamente cupo, "Ultra" è un primo tentativo di ripresa post-"Devotional", e infatti si può precepire in buona parte delle 11 tracce ancora quel sound rock che aveva contraddistinto il lavoro precedente. Ma quel rock iperbolato di "I Feel You" è sparito, lasciando spazio a melodie molto più leggere e soft, meno irate, ma sempre ricche di quell'atmosfera teatrale e misteriosa, dark e quasi dal sapore di maledizione. Esempio eclatante è la first track e first single, "Barrel Of A Gu"n, un riassunto musicale di ciò che Gahan era all'inizio del 1997, un individuo fragilissimo, psicologicamente labile, quasi menomato moralmente: la sua voce distorta, al punto di voler mostrare all'ascoltatore un mondo dannato, unita ad un sound rock semi psichedelico (mi scusino i lettori per questa definizione), infonde una sorta di "terrore", di "mistero". E il video realizzato per accompagnare la canzone è l'apoteosi del nulla, della fragilità umana e della psicosi dell'individuo, con Gahan che scende a carponi una scala, realizza bolle di sapone in una vasca da bagno, scrive preso dalla pazzia, tremante e confuso su un cartellone bianco frasi praticamente illeggibili, vaga disperso per un borgo.

Una canzone a cui sono particolarmente affezionato è "It's No Good". Essa rappresenta forse il più riuscito mix tra rock ed elettronica compiuto dai Mode, nel quale Gahan ritorna alla sua tipica tonalità, meno "disperata" e "irata", non distorta, pura, semplice e diretta, sicura di sè. La clip di "It's No Good" può essere inoltre concepita come la fine del Dave Gahan dalla barba incolta e dai lunghi capelli alla Kurt Cobain, stile che aveva inaugurato con "Devotion" ed era proseguito fino al video di "Barrel Of A Gun". Ora Gahan ritorna ad essere "ordinato", meno trasgressivo, un "back to the origins" in piena regola.

Tuttavia quella potenza, quell'antico vigore, quel dinamismo tipici di "Violator", di "Devotion", sembrano scomparsi in questo album: riff di chitarre elettriche, basi e beat elettronici decisi e forti lasciano il posto a sound meno energici, in certi casi fiacchi, quasi depressi, tristi. Questa privazione di energia si traduce pienamente in The Love Thieves, Useless, Sister Of Night e Freestate. Una sorta di "quasi" positività è presente solo nelle tastiere di The Love Thieves.

Essendo un "Depechemodiano" non totalmente convinto, mi permetto di affermare che solo poche canzoni performate da Gore riescono a colpirmi: "Home" è una di queste, particolarmente intensa e lirica, nostalgica e malinconica ma al punto giusto. Una rarità dunque, poichè Gore non è riuscito se non in pochissime altre canzoni (come ad esempio Blue Dress, "Violator", 1990, ndr.) a unire quella sua tonalità vocale tendente agli acuti a melodie che potessero adattarsi ad essa in un giusto e piacevole connubio.

"Ultra" è il disco delle svolte: con questo lavoro i Depeche Mode inaugurano il trend positivo delle "instrumental tracks" (Uselink, Jazz Thieves e la hidden track finale Junior Painkiller), il quale proseguirà con gli album successivi.

Album molto intimo, ricco di sfaccettature positive e negative, complesso da ascoltare e di conseguenza da comprendere. La fine di un'era, l'inizio di una nuova, una nuova alba di creatività per i Depeche Mode. Consigliato a coloro che intendono immergersi a 360° nel mondo musicale de Mode senza pregiudizi e con la consapevole volontà di affrontare un periodo molto complesso della loro trentennale biografia.

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