Deviate Damaen: oscuro progetto multimediale capitolino con una particolare predilizione per musica e monologhi. Progetto sconvolgente e, in un certo senso, terribilmente irriverente. Deviate Damaen (ex Deviate Ladies), un nome che ancora oggi riecheggia nelle fila dell'underground romano, nonostante sia stato abbandonato dai suoi stessi fondatori. Le menti che animavano questo combo erano quelle di A.G. Volgar e di Don Alexio Bravmord, prete lefevbriano. Sì, avete letto bene! Un sacerdote, cattolico ed anti-conciliare, circondato da metallari e darkettoni.
Cosa ci faceva tale soggetto in compagnia di "modernisti" capelloni nerovestiti? Non chiedetelmelo e, se volete un consiglio spassionato, non ponetevi troppi interrogativi.
Quello che so è che questo progetto ha sempre avuto il sapore di una colossale quanto ben riuscita provocazione.
Prendete, per esempio, questo "Just A Dead Applause...!". Non si tratta di un disco reperibile nei negozi e, forse, non si tratta nemmeno di un disco nella più comune accezione del termine. Fraseggi sonori gothic-dark, electro, metal e punk. Schegge impazzite affiancate da monologhi declamatori e da campionamenti di varia natura. Il significato di tutto ciò? Provocare, scandalizzare, disgustare e stupire. Ma a chi si rivolge un disco come questo? A tutti e, allo stesso tempo, a pochi. Il disco, infatti, è interamente scaricabile dal sito internet della band (quindi fruibile anche dal più distratto navigatore della rete), eppure sembra essere stato prodotto per una ristretta èlite. I bersagli prediletti dai Deviate Damaen sono i seguenti: il cosiddetto mondo della cultura, il conformistico circuito delle majors e delle indie labels, il buonismo, l'ideologia politically correct e l'arroganza dei ciarlatani accademici. Rifiutare le chiacchiere di questi grigi individui per edificare un cenacolo di liberi pensatori. Sembra essere proprio questo l'ambizioso proposito dell'album.
Un disco (?) registrato dal vivo, all'interno di una chiesa sconsacrata ma priva di spettatori. Un marasma sonoro delirante, "blobbesco", visionario ed estraneo ad ogni schema codificabile. Uno strumento progettato, forse, per attaccare le categorie summenzionate e per risvegliare un pò di sano spirito critico nelle menti più accorte.
Personalmente ritengo tali invettive abbastanza condivisibili. Non è possibile, infatti, pendere dalle labbra di gentaglia senza spina dorsale e animata da un immaginario simbolico costruito unicamente per mascherare le proprie debolezze (ma a nostre spese!). Non è possibile, infatti, considerare "parola di Dio" ogni capriccio emesso da logorroici e sclerotici docenti universitari, così come non è possibile disprezzare interi generi musicali perchè a dircelo sono "Il Mucchio" o "Rumore". Questo conformismo "intellettualistico", in realtà, ricorda quello tipico dei regimi autoritari. La differenza? Non finisci in galera se la pensi diversamente da "lorsignori"! Ma, in ogni caso, vieni gentilmente emarginato da "lorsignori", vieni gentilmente apostrofato come retrogrado e ignorante, vieni considerato come soggetto da rieducare e da redimere attraverso la "buona stampa" e la "cultura che conta". Intolleranza strisciante coperta da folte barbette, da felpe Lacoste, da sguardi ebeti, da occhialini graziosi e da tanta retorica finto-democratica.
Lo so, potrò sembrare un grande estimatore dei Deviate Damaen e qualcuno mi accuserà di essere un ex membro della band! Non lo escludo! Il fatto, però, è che al di là di queste tristi quanto vere considerazioni, trovo ben poco di condivisibile nella filosofia e nella proposta della band. I Deviate Damaen, infatti, sembrano propugnare a piè spinto una visione "differenzialista", visione basata sull'assunto delle "sane e naturali diseguaglianze" e, quindi, una visione assolutamente nemica dell'egualitarismo e della solidarietà. I nostri, dunque, sembrano disprezzare tutto ciò che presenta risvolti "sociali" e ci dicono di non amare ciò che si differenzia dalla cultura italiana (specialmente se di origine levantina). Questo, a mio avviso, è il grande ed incapacitante limite della band. Nonostante le sacrosante invettive "anti-intellettualistiche", trovo non poche difficoltà nel comprendere le ragioni di una così aspra contestazione nei confronti dei principi democratici (che, ancor prima che dai nostri, vengono allegramente calpestati dai tanti e fasulli "progressisti" italioti!). Questo loro punto di vista, insieme ad altre esternazioni dal sapore "suprematista", rendono indigesto il restante 50% del concept.
Musicalmente parlando, come già scritto, c'è ben poco da descrivere. Un mortaio sonoro maledettamente situazionista, folle e anarchico. Una sound figlio delle messe gotiche di Sisters Of Mercy e Fields Of The Nephilim ma anche di certo metallo apocalittico. Il tutto arrangiato in maniera schizoide e alquanto insolita.
Non darò un voto a questo disco. Non lo darò perchè, in tutta onestà, non so proprio come giudicarlo. Ma è possibile definire quest'opera un disco? A voi la risposta. In ogni caso: al diavolo il circuito dei parolai e dei kritikini che i nostri, con nonchalance, sono riusciti a smontare.
Elenco e tracce
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