Ci si muove in territori di contaminazione elettronica "fredda" e "non emozionale" in questo lavoro "Water & Architecture" del 1997 (Sub Rosa Ediz Austria) nato come colonna sonora ideale dell'omonimo film inedito in Italia, a cura di un gruppo di "battitori liberi" poco conosciuti: Directions, Atom Heart, Bisk, Seefeel e gli Aer (sigle poco conosciute anche nell'ambiente elettronico/sperimentale di frontiera). Certo, sarebbe bello, riuscire ad "interpretare" queste atmosfere anche attraverso l'uso delle immagini che le hanno esplicitamente ispirate ma bisogna prenderne atto e cogliere questo "minus" come un'opportunità per gettarsi senza pregiudizi nell'ascolto di questa "colonna sonora", scevri da "forzature" che ne potrebbero compromettere il giudizio.

L'album parte da una possente e ritmata "EnCode" in bilico tra i Four Tet e i Matmos, prosegue con "Space Is Sanity" degli Atom Heart più rarefatta e minimalista, a tratti debitrice delle strutture armoniche dei Pan American e dei cugini Murcof. Con il trittico "Circular Sound - sewing thread - Vague recollection" dei Bisk si torna alla destrutturazione sincopata e "disallineata" cara ai Mouse on Mars, con sporcature funk (in Sewing thread) e che riprende l'impantistica da DJ-set di Amon Tobim dilatandone gli spazi sonori ai limiti della sperimentazione.

Con l'avvento dei Seefeel le orecchie prendono il loro meritato riposo e con "Is it now" ci si immerge in certe atmosfere ambient care al vecchio Eno e in surrogati di dub sotterraneo e oscuro, via di mezzo tra i Massive Attack più introspettivi di 10 anni fa e certe divagazioni lunge odierne (anche se questo termine rischia di portarci fuori pista). Con le tre "canzoni" conclusive degli AER (2 se si escludono i 20 secondi di durata del brano "Radio Siberia") si ricade in quell'oltretomba di sonorità cupe e ossessive, ovattate e depresse, inframmentate e scomposte da mille frattaglie di campionamenti inseriti a corollario. Brani di letture, canti religiosi africani, passaggi radio e sperimentazioni incontrollate che, per certi aspetti, ricordano le sonorità usate nel disco capolavoro di Brian Eno e David Byrne "My Life In The Bush Of Ghosts" del lontano 1981.

Un disco per certi aspetti glaciale e senza umanità, ma non per questo privo di quel fascino maledettamente oscuro che ci fa percepire per pochi istanti paesaggi di immensità e furore, asettici e austeri come certi angoli spigolosi della nostra anima più malinconica e spettrale.

(Scusate ma rileggendola mi sono accorto di averla scritta da cani da cui...)

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