Ci sono canzoni immortali che hanno segnato la loro epoca e che si adattano perfettamente ai tempi che cambiano. Canzoni sacre dal contenuto onirico, che descrivono le attitudini umane alla perfezione.

Siamo a metà degli anni Sessanta, un periodo storico tormentato e caotico ma brulicante di idee. E sarà proprio il caos a far emergere “The Sound of Silence”, che rappresenterà una sorta di ancora di salvezza per chi l’aveva concepita. Inserita nel primo album di Simon&Garfunkel, “Wednesday Morning, 3 A.M.” del 1964, “The Sound of Silence”è stato il primo grande successo del duo americano e la catapulta verso l’Olimpo della musica di quel decennio. Ma nonostante le grandi aspettative, le dodici tracce del disco d'esordio furono un flop commerciale. Questo portò al malcontento e al momentaneo naufragio del progetto, con la prima separazione dei due amici d’infanzia. Fu grazie ad emittenti radioniche della Florida e del Massachussets, desiderose di mandare in onda il brano nell’estate del 1965, che “The Sound of Silence” risorse. Alla versione acustica originale furono aggiunte la chitarra elettrica e la batteria, dando vita ad uno dei primi pezzi folk-rock della storia. Grazie a questa nuova linfa rivitalizzante e a nuovo entusiasmo intorno al singolo, Simon&Garfunkel tornarono ad essere un duo e diedero vita ad una sequela di nuovi album, partendo da “Sounds of Silence” del 1966.

Il testo di questa canzone, come tutti i testi di Paul Simon, è molto profondo e riflessivo ed è incredibilmente adattabile agli anni che stiamo vivendo:

And in the naked light, I saw
Ten thousand people, maybe more
People talking without speaking
People hearing without listening
People writing songs that voices never shared
And no one dared
Disturb the sound of silence

Un tempo immerso nel suono del silenzio, dove le persone discutono senza parlare, udono senza ascoltare. Fatto di canzoni scritte da possessori di voci non condivise, perché nessuno osa disturbare il suono del silenzio.

Nel 2015, a cinquant’anni esatti di distanza, uscirà “Immortalized” (titolo adatto alla causa), sesto album dei Disturbed, band alternative metal di Chicago, capitanata da David Draiman. Ebreo come Paul Simon e Art Garfunkel, David è famoso per la particolare voce distorta e il cantato ritmico, che danno una propria identità ai pezzi della band dell'Illinois. Oltre allo stile vocale graffiante ed aggressivo, Draiman riesce ad esibire un tratto melodico molto emozionante e dalle tonalità profonde.

La sua versione di “The Sound of Silence”, accompagnata da un video in bianco e nero molto rappresentativo, da alla canzone un aspetto differente, tanto da sembrare più che una cover un vero e proprio remake. Le note di pianoforte e di chitarra, accompagnate dagli archi in sottofondo, ci conducono ad un cantato dapprima sussurrato, poi gutturale, graffiante e sanguigno, fino al pieno sfogo delle ottave di Draiman.

La quarta strofa vede palesarsi il tipico stile dei Disturbed, con uno strappo vocale che ci trascina alla fine orchestrale del pezzo. Personalmente e dopo anni di ascolti, trovo questa versione altamente emozionante e coinvolgente, soprattutto per l’atmosfera onirica e la tranquillità che infonde. Solo ascoltandola si può capire di cosa si tratti veramente. I Disturbed hanno ricevuto i complimenti da Paul Simon in persona, che ha trovato il pezzo avveniristico e ulteriormente profondo, rispetto a quanto voleva essere l’originale con il suo suono.

La band di Chicago non è nuova a progetti di questo tipo. L’undicesima traccia del terzo album “Ten Thousand Fists” del 2005 (interamente dedicato a Dimebag Darrell), conteneva la cover di “Land of Confusion” dei Genesis.

In definitiva, questa rivisitazione risulta essere davvero ben riuscita. Apprezzo che pezzi che hanno fatto la storia della musica si trovino ad indossare un abito differente, grazie ad artisti che solitamente percorrono altre strade. E’ sempre bene che la musica, come i gusti, sia disposta a non porsi limiti e non cedere al timore del giudizio. Il silenzio, oltre ad essere godibile, può lasciare ampio spazio a tante voci.

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