Fra i tanti eventi sociologicamente importanti del terzo millennio che passeranno alla storia, sono sicuro che un posto sarà riservato di diritto al fenomeno delle boy-band. Prodotti commerciali progettati a tavolino allo scopo di vendere a folle di ragazzine sessualmente inferocite lo sfogo ai loro bollenti spiriti, garantendo oltretutto il vantaggio di non rinunciare allo status di anime pie e pure che tanto gli si conviene. Eh sì, perché il nostro evolutissimo modo di pensare non permetterebbe mai a una ragazza in piena pubertà di provare desideri sessuali come natura comanda, ma solo candide fantasie di amori romantici color azzurro principe, pena il severo giudizio di tutta la comunità.

Disumano, direte voi, forse stupido. Ma la nostra società funziona così, tanto che questo fenomeno ci appare oggi normale e conclamato. Per coloro che danno la colpa di tutto ciò al maschilismo, sarebbe il caso di prendere in considerazione che anche nel mondo maschile esiste un corrispettivo altrettanto disumano. No, non sto parlando delle “girl-band” come sarebbe ovvio pensare, bensì di alcune metal band. Sì, perché moltissimi ragazzi hanno l’esigenza - opposta rispetto alle ragazze - di mostrare virilità e mascolinità e nascondere vergognosamente la loro anima sdolcinata, romantica e pacchiana. Sarebbe sconveniente, infatti, per un ragazzo di 20 anni, mostrare passione per sentimenti degni dei peggiori melodrammi gigidalessiani, o essere beccato da qualche amico mentre esce dal supermercato con in mano uno di quei romanzi Harmony che campeggiano davanti alle casse a prezzi stracciati. Come ci rimarrebbero gli altri, poi, se sapessero delle rime dedicate alla inarrivabile compagna di liceo scritte su diari segreti nascosti nel doppiofondo del proprio cassetto personale accanto alle videocassette con tutti gli episodi di Fantaghirò?

Ecco quindi che l’unica scappatoia per questi poveri ometti sensibili e indifesi, che sentono su di loro la pressione della società omologatrice che li forza dentro schemi che non gli appartengono, si concretizza come una sola: comprare la discografia dei Dream Theater. Così potranno struggersi in lacrime di passione sull’assolo “lento” di "A Change Of Season", o toccare il sentimento assoluto su "Through Her Eyes", mantenendo però di fronte a tutti l’austero aspetto dell’uomo serio che ammira i dettagli “tecnici” della “vera musica”. Potranno dire con la faccia da veri duri “Oh, hai sentito la rullata in 17/16 al quinto minuto virgola quattordici di Erotomania? Ieri ho provato a rifarla e mi sono slogato un polso! Che mostro Portnoy!” e intanto pensare “Povero Julian, che fine grama che ha fatto per colpa di quel bastardo di suo fratello, in fondo fra lui e Victoria era vero amore! Ma tanto Victoria vive ancora, l’amore vince sempre, love is davvero the dance of eternity!!”

Al concerto, poi, quando i Dream Theater mostreranno i muscoli sul palco, si prodigherano in spettacolari esibizioni edonistiche e daranno sfoggio del loro testosterone battendo sugli strumenti come fabbri sulle incudini, allora i poveri ragazzi sensibili, di fronte a cotanto sfoggio di potenza virile, penseranno “anch’io voglio essere come te, John!, anch’io voglio essere come te, Mike!”, e impazziranno ostentando sboronaggine e spirito di branco. Poi, tutti insieme, canteranno commossi "The Silent Man" e "Wait For Sleep" in un tripudio di “volemose bbene” che accomuna tutti sotto la stessa egida. Tutti piangeranno di gioia nel vedere che il proprio vicino è in fondo un animo sensibile e nobile esattamente come loro, e si sentiranno meno soli. Magari si abbracceranno pure senza nemmeno conoscersi, tanto è tutto perfettamente garantito “maschio 100%”, perché i pezzi “lenti” dei Dream Theater non sono lagne da checche, come i detrattori cattivoni insinuano, ma solo la dimostrazione di come sotto la apparente freddezza del suono si nasconda una sensibilità da vero artista incompreso, proprio come loro.

Ecco, questo disco qua, di cui a dire il vero ho già dimenticato il titolo, e la reazione scatenata dei fan che inevitabilmente ne deriverà, altro non sono che la colonna sonora di tale malattia dissociativa. Perché se uno dovesse davvero aprire le orecchie, abbandonare tutti gli schemi comportamentali che si basano sull’idolatria, e semplicemente “ascoltare” valutando solo la musica, insomma, se una qualsiasi persona normale si dovesse piazzare questo CD nel lettore, allora si accorgerebbe che questo disco semplicemente non serve a nulla. Consta solo di un’infinità di cliché rimasticati e sputati, e basta. Vale più o meno la plasticaccia di cui è fabbricato, e niente più. La differenza fra un musicista che si rispetti e i Dream Theater è la stessa che passa fra un ingegnere inventore e un ingegnere impiegato: l’uno crea, l’altro applica procedure standard, eppure entrambi sono laureati nella stessa materia, magari con lo stesso voto. Non che abbia nulla contro gli impiegati, però, diamine, non credo abbia senso impazzirgli dietro per come compilano le pratiche, e magari spendere pure 50 euro per vederli all’opera su un palco. Il mio problema è scendere a patti con la realtà che in questi ultimi tempi pochi idolatrano gli inventori e molti invece gli impiegati, anzi, molti confondono in maniera sistematica le due cose, o peggio ancora, molti non riescono nemmeno a immaginare che ci sia una dimensione dove conti l’inventiva, e sono convinti che il massimo a cui si possa puntare sia solo avvicinarsi il più possibile a uno standard già codificato da altri (il classico “suonare come si deve” che tanto piace ai DT-fan).

Una volta si usava consigliare l’uso di un disco come sottobicchiere. Oggi invece io vi dico di ascoltarlo bene, questo disco (ovviamente masterizzato), e di tenervelo sullo scaffale come monito: che non si scordi mai quanto stupidi fenomeni comportamentali possano influire negativamente sul giudizio di un’opera, confondendo (se non proprio capovolgendo completamente) i concetti di “normale” e “speciale”, “scontato” e “geniale”, “bello” e “pacchiano”.

Elenco tracce e video

01   A Nightmare to Remember (16:10)

02   A Rite of Passage (08:36)

03   Wither (05:25)

04   The Shattered Fortress (12:49)

05   The Best of Times (13:09)

06   The Count of Tuscany (19:16)

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Altre recensioni

Di  splinter

 Ancora una volta i ragazzi non hanno sbagliato il colpo.

 Penso che i Dream Theater non riescono davvero a sbagliare un colpo; ancora una volta ci han regalato un capolavoro tecnico.


Di  Anatas

 Il vuoto. Il nulla.

 Black Clouds & Silver Linings fa molto più male di una martellata sui coglioni.


Di  STIPE

 I Dream Theater hanno raggiunto la maturità artistica definitiva. Questo è un album suonato col cuore.

 I Dream Theater o li ami o li odi, chi li odia non sa cosa si perde.