Ormai quando arriva la notizia di un prossimo nuovo album dei Dream Theater le cose che mi dico sono sempre le stesse, ovvero: "sarà un altro capolavoro tecnico, ma molti diranno che è l'ennesima merda targata Dream Theater". Lo dissi già quando aspettavo, due anni fa, l'uscita di "Systematic Chaos", e così fu, e l'ho detto anche aspettando il nuovo "Black Clouds And Silver Linings", il decimo della loro carriera, e penso che così sarà! Io sono uno dei tanti furbi che non ha resistito ad aspettare quell'attesissimo 23 giugno ed ho preferito scaricarlo dalla rete più di un mese prima della sua uscita... ed ora mi trovo qui a recensirlo.

Posso dire che ancora una volta i ragazzi non hanno sbagliato il colpo. L'album non suona particolarmente nuovo alle orecchie dell'ascoltatore; sembrerebbe che se mentre fino ad "Octavarium" i DT erano intenzionati a cambiare approccio praticamente ad ogni album invece ora, da "Systematic Chaos" in poi, sembrerebbero intenzionati a mantenere uno standard abbastanza evidente. Niente di particolarmente diverso quindi dal precedente album ma conferma quanto di grande questi 5 musicisti sanno regalarci: Petrucci e Rudess sempre impeccabili negli assoli, atmosfere sempre ben curate, talvolta più solari, talvolta più oscure, momenti più hard e momenti più delicati, ogni tanto spuntano fuori virate thrash stile Metallica come da quattro album a questa parte. Ma devo dire che ancora una volta la band usa quanto di buono ha nel suo bagaglio per emozionarci come sempre; che poi l'album debba fare i conti con i favolosi anni '90 della band è un altro discorso, ma se continuiamo ad aggrapparci al passato non andremo mai in fondo nelle cose e faremo altro che contestare come i bambini piccoli...

6 canzoni e 75 minuti di progressive metal che si aprono con "A Nightmare To Remember" un lungo brano di 16 minuti e dai toni epici e oscuri. Una tastiera molto dark seguita da magistrali orchestrazioni apre il brano poi ecco Petrucci entrare a raffica con uno dei riff thrasheggianti che spesso è solito sfoderare negli ultimi tempi; più avanti invece ci lasciamo accarezzare da una parte semi-acustica molto stile Opeth e poi ecco partire improvvisamente Petrucci e Rudess nelle solite fughe strumentali che per quanto qualcuno possa definire ripetitive e scontate invece sono in grado di trasportarci lontano per mezzo di un grande vortice: prima grande assolo di chitarra, poi grande assolo di tastiera, di nuovo assolo di chitarra e poi Rudess a deliziarci con il suo immancabile continuum per chiudersi poi con un bell'unisono chitarra tastiera; gli ultimi minuti ci riservano un'altra virata thrash, altre orchestrazioni che si perdono in un finale ancora una volta dalle note di tastiera tristi come all'inizio.

E così... traccia n° 2, "A Rite Of Passage" brano apparentemente più orecchiabile ma che arriva poi a mostrare anche il lato più tecnico; i primi minuti del brano scorrono abbastanza facilmente alle orecchie dell'ascoltatore: inizio con note gravi di basso e chitarra, un po' a ricordare "Home", come qualcuno noterà sicuramente, poi una chitarra forte ma senza esagerare ed un Rudess sempre molto attento alle atmosfere creano una melodia solare e dire anche piuttosto lineare e di facile ascolto, ma proprio quando tutti pensano ad un brano frivolo e d'alta classifica... eheh, credevate che fosse semplice la vita, eh? ecco che il ritmo accelera e volge ancora una volta su ritmi di stampo thrash a far da sfondo ad un'altra deliziosa parte strumentale: da brivido l'assolo di chitarra di Petrucci e poi grande solo di tastiera, come anche gli strani effetti elettronici che chiudono la parte strumentale prima che tutto torni come prima. L'apparenza inganna, è il detto che calza a pennello per questo brano, quanti lo penseranno dopo averlo sentito! Ma ora è il momento di "Wither" una ballata triste e oscura, un autentico scacciapensieri portato ben avanti da Petrucci con i suoi arpeggi e da Rudess sempre concreto anche nel lato atmosferico.

E ora, è arrivato il momento di "The Shattered Fortress" il brano che chiude finalmente la saga alcolisti anonimi cominciata ben 7 anni fa con "The Glass Prison". Qua siamo di fronte ad una sorta di rivisitazione di quanto detto in passato: infatti il brano è un continuo susseguirsi di déjà vu, tant'è che un po' per tutto il brano sentiamo pronunciare frasi o suonare riff che erano presenti già nelle precedenti tracce della saga, anche se qui vengono evidentemente riarrangiati; ad essi sono inserite ovviamente melodie nuove. Brano dall'incedere cupo e thrasheggiante con riff aggressivi e distorti, il brano più pesante del disco, quasi a ricalcare le sonorità dure e frastornanti di "Train Of Thought". Il volume si eleva pian piano dal silenzio con un riff martellato e con tocchi tastieristici pregevoli, e poco dopo un solo che riprende "This Dying Soul"... cambio improvviso di ritmo e reprise di uno dei riff finali di "The Glass Prison" quasi tale e quale all'originale e su di esso ci canta LaBrie con una voce mai come ora così disperata e rabbiosa; viene ripreso anche il riff martellato di "This Dying Soul" e anche le parole cantate in "Repentance"; poi ecco che Rudess se ne parte con un assolo davvero lungo e incredibile... e chi lo ferma più... sostenuto sempre da chitarre estreme e potenti il genietto ci travolge per quasi due minuti con una cascata di note a far pensare a mente aperta "lui è Rudess!"; e cosa dire della parte lenta che segue; sinceramente uno dei migliori momenti del disco! Rudess riposa le mani, evitando l'artrosi, e ci regala un sottofondo di tastiera cullante e profondo facendosi accompagnare dalla chitarra acustica; splendida questa parte lenta, su di essa LaBrie ci canta un verso di "This Dying Soul" e poco dopo... reprise fedele del ritornello e del riff di chitarra di "The Root Of All Evil" e poi... stavolta è Petrucci a deliziarci con un assolo a dir poco splendido; nel finale, dopo una parte decisamente più leggera ecco che il brano si conclude con la parte iniziale di "The Glass Prison" anche stavolta suonata abbastanza fedelmente all'originale e negli ultimissimi secondi... viene riprodotto l'inizio riarrangiato di "The Root Of All Evil". Che cavalvata raga, quanto sudore sulla fronte nel ripercorrere tutti questi ricordi ma per fortuna vi è qualcosa di nuovo in mezzo a riposare la memoria!

Ed eccoci arrivati alla penultima traccia, "The Best Of Times": questa volta niente riff cupi e chitarre distorte a far da cornice; qui a prevalere è la melodia, e che melodia! Dopo l'intro affidata al piano entra Petrucci con un giro di chitarra ben dosato e per i primi minuti del brano il suono della chitarra stavolta più addolcito e vivace e lontano da sonorità heavy unito ad una voce stavolta pulita e limpida di LaBrie sembrano riportare i DT a melodie molto vicine a quelle delle origini; e davvero lì potrebbero venire le lacrime agli occhi a tanti nostalgici! poi verso la metà del brano il ritmo cala e il brano esalta il lato più introspettico e melodico con enfasi sulla chitarra acustica, sul piano e su sottofondi di tastiera stavolta più rilassanti e meno epici. Da brivido anche il solo finale di Petrucci che stavolta vuole dimostrare di essere non solo un chitarrista ultratecnico ma anche un portatore di emozioni!

Eeeee attenzione! L'album si chiude con una suite che definire capolavoro è d'obbligo. Se in molti potrebbero pensare, dopo aver sentito gli altri brani, che i DT non hanno più quella capacità di rendere i brani omogenei e di dare un filo conduttore valido ai temi trattati (non è il mio caso) penso che non diranno la stassa cosa con questa traccia, dove davvero sembra che tutto si trovi davvero al posto giusto nel momento giusto! "The Count Of Tuscany" molto probabilmente piacerà anche ai detrattori più accaniti! Forse il livello di qualità di questo brano è talmente notevole che può far sembrare inferiori gli altri brani, è vero, ma l'epicità di questa suite fa sì che l'ascoltatore, godendo discretamente delle precedenti 5 tracce, non veda l'ora che arrivi la suite finale a deliziare le orecchie! Magari disporre sempre di canzoni di questo tipo... ma nella vita bisogna cambiare! La traccia si apre con un delicato arpeggio di chitarra raggiunto da effetti di chitarra elettrica  a piena esaltazione della vena melodica di petrucci e poi subito una parte strumentale con chitarre e tastiere sembre ben allacciate, per poi arrivare a ritornelli orecchiabili e vivaci e a nuove finezze tecniche prima che il ritmo cali e ci introduca ad una splendida parte lenta dove un sottofondo tastieristico leggero e "notturno" fa da sfondo alla chitarra effettata di Petrucci; dopo una bella parte acustica il brano si chiude con una parte sempre melodica e sognante con le tastiere melodiche di Rudess a far da padrone. Si noti come in questa suite sembrano ritornati i vecchi cari Dream Theater che qualcuno dava per morti; infatti qui rinunciano a riff eccessivamente pesanti e derivanti semmai dal metal più classico e le pati strumentali, per quanto tecniche non esaltino solo la velocità... Una nuova "A Change Of Seasons", direi. Sembra troppo fatto bene e risulta meno sbrigativo e affrettato degli altri brani. Penso che questo (ma direi anche il penultimo) sia il brano da cui i Dream Theater debbano ripartire se vogliono riconquistare i fan vecchia data.

Considerazioni (inutili o utili che siano) a parte ritengo che i Dream Theater non riescono davvero a sbagliare un colpo; ancora una volta ci han regalato un capolavoro tecnico; che mio cugino parli di delusione a me non me ne frega niente. Mi tapperò le orecchie per non sentire quello che diranno i soliti sfigati detrattori, o perlomeno metterò un filtro alle orecchie per non sentire loro e sentire solo la musica. Certo, i dischi inarrivabili rimangono sempre i soliti, "Images And Words" e "Scenes From A Memory" ma penso che i Dream Theater nonostante l'età che avanza si dimostrano sempre freddi, sempre abili compositori, sempre in grado di raccontare storie fantastiche! Certo, un ritorno alle origini non dispiacerebbe nemmeno a me, ma adesso non c'è tempo delle chiacchiere e bisogna solo ascoltare l'ennesima perla del gruppo! Il sogno va avanti! Grazie ragazzi!

Vi  a d o r o !

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