Definito dagli stessi Dream Theater un album mediocre e prodotto in troppo poco tempo (per problemi con l'etichetta discografica), "Falling Into Infinty" è il lavoro più criticato e allo stesso tempo uno dei più venduti della loro storia. Molti, per la forte presenza di ballad, lo definiscono solo un'operazione commerciale atta a conquistare un pubblico più vasto. Ma è tutto vero? Siamo veramente di fronte a un'opera di tale bassezza qualitativa? Vediamo...

"Falling Into Infinty" si apre con "New Millenium": un intro tipicamente progressive dato dai tasti di Sherinian, ci presenta la traccia. Molto ampia la parte strumentale con basso e tastiera sempre in primo piano, Labrie entra in poche occasioni senza mai regalarci particolari emozioni. Tutto scorre via facilmente e si rimane un pò a bocca asciutta. La seguente "You Not Me" conferma il suono di partenza con un pizzico di semplicità in più data dal ritornello ripetuto più volte e da virtuosismi praticamente inesistenti. E' una canzone nella normalità, non si distacca da un certo tipo di suono e rimane prevedibile. Ne segue "Peuvian Skies" che presenta un suono tranquillo con Labrie sempre presente, diciamo che è una "semiballad" dove a metà uno scatto metal e un giro di Petrucci, movimentano il tutto fino alla conclusione che riprende il motivo della traccia con più potenza. Con "Hollow Years", invece, entriamo in una ballad vera e propria con l'immancabile chitarra classica, ed un ritmo lento/mieloso tipici del genere. Ancora una volta si tende a spezzar il filo con questi piccoli "stop" che sono, a mio parere, non adeguatamente connessi con il resto delle traccie... infatti l'inizio di "Burning My Soul" è tutt'altro che tranquillo con Myung in prima linea che detta il ritmo. Dopo pochi minuti, ci si ritrova davanti un tipico sound da Dream Theater con l'eccezione di qualche filtro per la voce usato nel sottofondo del ritornello che, lasciatemelo dire, sono un pugno nello stomaco per chi conosce questo gruppo.
Dopo 5 traccie così così, "Hell's Kitchen" riporta dell'eccellente musica, è certamente la miglior cosa dell'album e la posizionerei tra le più belle strumentali fatte dal quintetto americano. Ha tutte le caratteristiche: grandi "cavalcate" di Petrucci accompagnate da un'ottima melodia e buon ritmo, ma sopratutto un finale da applausi. Coinvolgente fino all'ultimo. La nota finale si lega con "Lines In The Sand", la partenza mi dà più l'idea di un brano dei Liquid Tension con suoni accennati e fortemente "prolungati", per poi partire con ritmo veloce. La traccia nelle parti cantate non delude e finalmente anche Labrie tira fuori un pò di potenza vocale. Nella metà cambio di ritmo tutto strumentale dove Petrucci si dedica più alla melodia che al suo solito virtuosismo narcisista... (finalmente). Buona, tipica canzone del gruppo. "Take Away My Pain" è direi più una traccia di "sosta", tranquilla, semplicistica, leggera, con melodie facilmente assimilabili . Spoglia ed incolore, rimane inconsistente.
Con "Just Let Me Breath" si torna a suoni più ascoltabili, la parte strumentale è ben fatta e si lega bene con il resto. Sicuramente migliore della precendente.
Le prime note di "Anna Lee" sono di una profondità sconcertante, semplici ma malinconiche. Potrei parlar per molte pagine di questo brano che ci regala emozioni vere. Il piano di Sherinian ci trasporta delicatamente per i primi minuti, poi a mio parere si cerca troppo forzatamente la chitarra di Petrucci... sicuramente ottima la sua presenza, ma diciamo che rompe l'atmosfera creata inizialmente. Forse era da chiudere più velocemente e "sottovoce", lasciando anche quel velo misterioso che peremette, ad una qualsiasi traccia, di diventare un capolavoro. Naturalmente questo è un mio pensiero e definisco, ugualmente, "Anna Lee" un gran brano.
Tutto si chiude con "Trials Of Tears". Le parti cantate sono buone, mentre le strumentali variano da una lentezza soporifera ad una velocità disordinata, ma nel complesso una conclusione più che decente.

Ed ora analizziamo il complesso.
Un album che presenta una fortissima e predominante vena progressive, con ampi spazi dedicati alla melodia. Dall'altra parte un metal rinchiuso in brevi tempi e dato in piccole dosi (l'esatto contrario del più recente "Train Of Thought").
Sicuramente può sembrare un lavoro ottimo per chi di questo gruppo ha poche conoscenze o per chi si avvicina per la prima volta a loro, ma non rispecchia assolutamente la vera anima dei Dream Theater, a mio parere.
Non si può definire un fallimento perchè le buone idee sono presenti, ma neanche un capolavoro per ovvi motivi (è assurdo dare 5......). Quindi 3.

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