Il primo grande evento musicale italiano del 2004 si è materializzato in queste tre date dei galattici Dream Theater! Un evento che ha fatto muovere il popolo metal e altri amanti della musica in generale.
I “dreamers” accorsi a Milano, Bologna e Roma hanno assistito a spettacoli di altissimo livello.
In quel di Casalecchio di Reno si è svolto lo show dove la presenza di pubblico è stata più scarna, sfavorito dalle esibizioni nelle due grandi metropoli. Infatti, la cosa che mi ha colpito appena entrato nell’impianto è stato il Palamalaguti mezzo vuoto, sia in gradinata, sia nel parterre. Il fatto non mi è dispiaciuto, ma anzi mi ha aiutato. Il mio biglietto enunciava un posto in gradinata e la cosa non mi andava affatto bene. Mi sono fatto quasi mille km per VEDERE DA VICINO i Dream Theater e non per sbavare da un’insulsa gradinata!
Aiutato dal fatto che la situazione giù era tranquilla, riesco insieme ai miei due amici ad arrivare sotto il palco, grazie anche alla mia scaltrezza (w la modestia!!) e ad un pizzico di spirito corruzione.
L’aria è respirabile e il caldo si può sopportare. Nel frattempo riesco anche a strappare via il manifesto propagandante il concerto. Tra una gomitata e uno spintone arrivo ad una cinquina di metri dal palco, nel lato sinistro. Sul palco sono sistemati tre schermi (1 gigante,2 più piccoli) e si intravede una batteria (una??) stratosferica! Non oso nemmeno immaginare cosa potrà combinare la “piovra”.

Dream Theater Live - TicketSono le 20:34 e si spengono le luci. Sugli schermi appare una scritta in riferimento a qualcosa che riguarda la galassia (modello Star Trek) ed iniziano a scorrere le immagini della storia dei DT album per album. Parte l’intro tape. Si inizia con i Majesty e si arriva al nuovo “Train of Thought”. Si incomincia!

“As I Am” è la prima perla, tanto per riscaldare l’ugola e per farci sognare un po’. Labrie ci da il benvenuto. Le sue prime e ultime (o quasi) parole. Da lí in poi saranno solo le emozioni a interagire con il pubblico, grazie anche alla sua voce quanto mai bella.
Nemmeno il tempo di fermarsi e subentra il riff aggressivo di “The Mirror”. Ogni brano è supportato dalle immagini negli schermi e “Under a Glass Moon” non può fare a meno di un bel plenilunio. Finisce il pezzo e il protagonista è uno solo: Jordan Rudess. Un inconsueto look del tastierista (rapato a zero!!) non distoglie i nostri occhi dal solo che le sue mani e la sua tastiera plasmano, con il riferimento ad un pezzo di "Impressioni di Settembre" dei PFM.

L’atmosfera è magica e sul palco non ci sono esseri umani, ma extraterresti. Si prosegue con “Through My Words” prima, e con “Fatal Tragedy” dopo.
Petrucci con la chitarra inventa ed esegue cose incredibili. Un esempio pratico è “Beyond This Life”, dove Petrucci e co. improvvisano e arricchiscono la traccia con sezioni dei brani “Summer Song” di Joe Satriani e “Voodoo Child” di Jimi Hendrix.
Seguono “Endless Sacrifice” e la grande “Trial of Tears”, mentre i presenti sono sempre più consapevoli di assistere a qualcosa fuori del comune.

Un concerto dei Dream Theater è diverso da qualsiasi altro concerto. Apprezzare questi cinque veri musicisti mentre realizzano armonie e partiture da capogiro, non ha prezzo (…anche se ho pagato 35 euro…). È il momento di una pausa e appare una dicitura sui tabelloni:
“The next train will be leaving the station 15 minutes”
...inizia il countdown…
...14 minutes…
…13…
…12…
…10…
…9…
…8...
…7…
…6…
…5…
…4…
…3…
…2…
…1…
…and…
… “METROPOLIS PT1” !!!!
L’aspettavano tutti e tutti la invocavano a squarciagola. Eccola arrivare potente e diretta come un treno. Un misto selvaggio di controtempi e melodie inaudite! John Petrucci è sopra di me che sfracella il ponte della sua Ibanez e io continuo a gridargli: “MOSTRO, MOSTRO… TU SEI UN MOSTRO!!!!”.
Alla regina del prog succede la nuova, energica “The Dying Soul”. Portnoy spacca le pelli della batteria come non mai, come nel resto del concerto d’altronde. Quando suona la batteria diventa spettacolo a parte: lancia le bacchette e suona con una, o la lancia verso il pubblico mentre con i suoi tentacoli ne agguanta altre e le fa roteare con tutte le dita! Il più grande al mondo, non ci sono dubbi!
Peccato che però Myung sia stabile e non si sposti di un millimetro. Le sue dita volano veloci sul suo Yamaha, ma purtroppo non lo posso ammirare in maniera nitida. Un po’ troppo basso il volume del suo strumento, gravando così in un ascolto non del tutto ottimale.

Dream Theater Live - ImageSi rievoca il primo disco con “The Ones Who Help to Set the Sun” e lo spettacolo di luci si fa ancora più intenso. Gli applausi sono tanti e le ovazioni non mancano mai. “Goodnight Kiss” è come una ninnananna e attorno a noi si crea un clima di tranquillità e dolcezza, che continua grazie a “Solitary Shell”, tenuta su da atmosfere genuinamente incantevoli. Questo è il momento più calmo del concerto e i quattro strumentisti regalano solo grandi trepidazioni ai timpani, più rilassati che mai.

È quasi impossibile riuscire a descrivere quello che si prova quando si assiste a qualcosa del genere. L’anima prova sensazioni indimenticabili.

Piccolo incidente durante “Strem of Consciousness”. A Rudess gli si stacca la tastiera, non permettendogli così di continuare a suonare. Il brano assume uno strano aspetto senza tastiera, ma la qualità non varia e Jordan esce fra gli applausi. Labrie ci augura buonanotte. Ma non può finire così. Cavolo non posso lasciarci così senza un bel finale. Non si può “In the name of God”!!
Spetta alla canzone più bella del nuovo disco, chiudere un magnifico concerto come questo! Se ne vanno veramente questa volta, senza però prima essere surclassati dalla standing ovation. Tanti inchini, strette di mani e saluti vari. Peccato che il solito lancio di plettri e altri gadgets non sia granchè. Un trofeo da appendere in camera sarebbe stato la degna conclusione di un sogno durato tre ore. Un sogno che ha reso il 6 Febbraio 2004 come un giorno da ricordare per sempre. Un sogno che ha dato ai cinque sensi di tutti i presenti sensazioni uniche e indescrivibili. Un sogno che spero si avveri altre volte. Il desiderio che il nostro “Dream Theater” non abbassi mai il sipario, continuando a farci sognare, è vivo e vegeto.

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