Se "Astronaut" (2004) aveva segnato la rinascita dei Duran Duran, 'Red Carpet Massacre' appare invece come un rovinoso passo indietro.
Il gruppo, in cerca di ispirazione dopo il nuovo abbandono da parte del chitarrista Andy Taylor e l'accantonamento dell'album "Reportage", ha chiamato a sé l'onnipresente produttore Timbaland, convocando persino il giovane Justin Timberlake con l'intenzione di 'ringiovanirsi' e creare un perfetto equilibrio tra sonorità anni '80 e tocchi di hip-hop.
Sin dal primo brano, "The Valley", si intuisce tuttavia che il progetto sembra decisamente forzato nel tentativo di restyling della band, in particolar modo nei momenti in cui è maggiormente avvertibile la presenza di Timbaland, la cui produzione è ormai abusata, priva di qualsiasi freschezza e quindi assai poco sorprendente.
"Nite Runner", così come "Tempted" e "Skin Diver", sono brani certo piacevolissimi, ma suonano come scarti di "Future Sex/Love Sounds" (2006) di Justin Timberlake e la presenza del giovane cantante americano e del suo particolarissimo falsetto nei brani sembra addirittura mettere in secondo piano i Duran Duran stessi, ridotti a semplici strumentisti privi di identità.
I brani migliori di "Red Carpet Massacre" sono paradossalmente i più 'tradizionali' nel repertorio del gruppo, ossia le ballate melodiche anni '80 di "She's Too Much" e soprattutto del singolo di lancio "Fallin' Down", nostalgico, accattivante, perfetto per le radio grazie ad un ritornello piacevole che entra facilmente in testa ed un arrangiamento ineccepibile.
"Red Carpet Massacre" è quindi un album affatto memorabile, mal riuscito, che pone un enorme punto interrogativo sul futuro dei Duran Duran, gravato per di più dalle scarse vendite del disco, che non è riuscito nemmeno ad entrare nella top 40 britannica.
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