Una nota pellicola del 1997, "Gattaca", mostrava i persistenti tentativi del protagonista nel portare a compimento quel suo sogno, coltivato fin da bambino, di immersione nello spazio planetario.

Gli Earthless (Isahia Mitchell, Mike Eginton, Mario Rubalcaba), sembrano presi in prestito dal contesto filmico, e ricalcano in maniera simbolica quello stesso scopo ossessivo, ossia di tuffarsi nell'universo interstellare, tra pulviscoli luccicanti e meteore incandescenti.

Provenienti dall'effervescente circuito indie americano, precisamente San Diego, irrompono nella scena musicale nel 2005 col primo LP "Sonic Prayer" ottenendo anche una discreta notorietà nei bassifondi underground, dalla quale difficilmente emergeranno per una filosofia musicale troppo distante dai canoni odierni. "Sonic Prayer" espone la loro formula Space-Rock, di forte matrice Hard Rock-Blues; ciò che emerge con facilità è il  forte affiatamento tra i componenti della band, che riescono con grande disinvoltura a costruire tessiture sonore compatte ma non sfiancanti, nonostante la lunghezza delle tracce; la struttura a Jam Session è infatti una componente importante della loro musica, ponendo al centro dell'attenzione anche i rischi di prolissità per delle tracce che toccano i 20 minuti circa, ma che nel loro caso sono scongiurati da un sound travolgente e d'impatto, che coinvolge l'ascoltatore per tutto l'arco di tempo.

Si parte così con "Flower Travellin' Man": un giro iniziale di basso e batteria che sembra preso in prestito dai Led Zeppelin e che si ripete nel corso della traccia, un uso intenso di effetti chitarristici di ogni genere a donare alla musica quel senso "cosmico" già citato in precedenza, e poi ancora la chitarra di Isahia Mitchell, su cui poggia gran parte del valore della band, con riff Hard Rock, divagazioni, distorsioni e assoli infiniti.

La seconda e ultima traccia ,"Lost In The Cold Sun", mostra invece un suono meno irruente e funambolico, più riflessivo e ponderato. L'animalesco istinto chitarristico di "Flower Travellin' Man", trova qui invece una maggiore pacatezza, in una struttura meno delirante, più meditativa, ma comunque altamente psichedelica, con il dialogo basso-batteria a fare da contorno.

Uniche perplessità riguardano un sound forse già troppo abusato, che non mostra poi granché di nuovo; i rimandi agli anni 70 sono netti, con Led Zeppelin e soprattutto Hawkwind in prima fila, a creare schemi che gli Earthless si limitano a riproporre a loro modo, senza poi troppe novità. Nonostante questo, il finale, come per il già citato "Gattaca", è da considerarsi a lieto fine.

Gli Earthless producono un lavoro godibile e degno di ascolto, e riescono effettivamente a regalarci 40 minuti di sconvolgenti esplorazioni spaziali.

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