Andrea Mingardi - Datemi Della Musica – FULL ALBUM

Giunti ad un certo punto della carriera di un divoratore di musica, credo che ascoltare Mingardi possa essere uno dei vizietti giusti per la pensione. Intendo in previsione, purtroppo non ho ancora i 115 anni di età concordati dai sindacati col governo per accedervi. Ma subito divago! Torno al punto.
Mingardi, dicevo... Sarcastico sulle sfighe inevitabili, come un vero uomo che sa come andare avanti invece che piagnucolare... c'è molto da imparare a livello filosofico. Arriva a far piangere dal ridere in certe canzoni in bolognese. Testi sagaci profondi poetici quando smette di giocare. Canta da dio sul disco e, anche sul palco, canta e "sta" ai massimi livelli. Un talentone live. Skatch poesie, improvvisazioni fulminanti. Musicisti eccezionali sempre, musiche molto belle tra rock soul blues. Tutto maiuscolo.
Negli episodi in italiano, come questo album che linko, non credo che funzioni sempre tutto benissimo. Scrive il prof Vecchioni che la canzone è una forma d'arte a sè: non è poesia, non è musica: è canzone.
Qui in "Datemi della musica" c'è TUTTO, ma un po' staccato. Bellissimi testi, musiche, parti strumentali, arrangiamenti, musicisti, voce e interpretazione da par suo... ma forse non funziona perfettamente il tutto messo insieme, per cui non è un capolavoro della canzone italiana. Ognuno degli elementi musicali, lirici, interpretativi, a volte sembra stare un po' a sè; sempre ad alti livelli, ma senza ben mischiarsi con il resto. Con eccezioni, perchè "Il pagliaccio" e "Solo" girano quasi come Dalla. Li ha messi alla fine del disco, chissà perchè.
Ad ogni modo, un disco come questo starebbe bene vicino a quelli di Alloisio o ad altre cose anni '70 impegnate e profonde, anche un po' Lolli, con il sapore della vita vera e del momento storico, con qualche spigolo ma in piena bellezza e con una forte componente ironica e sfacciata che non è da tutti, anzi patrimonio piuttosto raro.
In questi giorni sto girando la pianura padana in lungo e in largo, ad un ritmo che sarebbe piuttosto logorante se non avessi scoperto questo artista. Nutre. Fa pensare e fa godere. C'è il sole e la notte, ma anche quando fa freddo fornisce una copertina soffice.
 
Gil Scott-Heron: The Bottle

Gil Scott-Heron -- The Bottle (Official Version)

Pubblico questo ascolto di Gil Scott-Heron. Parla della bottiglia intesa come il vizio dell'alcool e, pare assurdo per una canzone dai contenuti moralizzanti, fu un successo enorme nelle discoteche di tutto il mondo, al punto di essere stata forse la sua canzone più universalmente famosa.
Questa non è l'unica produzione di Scott-Heron che abbia trattato un tema sociale e politico, anzi è più difficile trovare sue canzoni che non ne trattino. Mi piace sottolineare questa vocazione socialmente impegnata, accorgendomi che la fine della sua storia umana, penosissima tra galera alcool autodistruzione, è finita per lasciare tracce storte come quelle di un poeta maledetto. Al contrario, quello di tutta la sua vita artistica prima dell'ultima fase, è stato un impegno sociale talmente profondo sentito intelligente e sensibile da non entrarci nulla col perbenismo o con il moralismo bigotto.
Si prodigò per decenni contro la droga, l'alcol e le varie armi sociali che man mano nel tempo distruggevano dall'interno la comunità afroamericana. Il suo impegno politico e sociale e la sua coerenza a valori ideali sono stati enormi e la sua intelligenza e cultura pure, visto che ha inventato un linguaggio di potenza devastante per portare tali concetti ad una forma digeribile proprio dal pubblico che ne aveva bisogno. Quindi in discoteca, quindi nei ghetti. E' considerato "The Godfather of Rap", i musicisti rap di ogni razza e generazione gli rendono omaggio continuamente.
Questo per dire che la definizione di poeta maledetto che un po' gli è toccata è molto fuori centro, profondamente ingiusta... Il poeta maledetto, bene o male, c'è ma anche ci fa. Con l'essere maledetto ci si guadagna, o almeno predispone una fama postuma. Di quest'uomo invece, la dimensione maledetta che lo ha distrutto è stata un fatto privato, una vergogna anche per lui stesso. Chissà quale debolezza lo abbia portato lì, non s'è mai saputo.
 
Swing Out Sister - La La (Means I Love You)

La La (Means I Love You)
In questi giorni sto ascoltando molte voci femminili, sarà la primavera. Tutto il disco degli Swing Out Sister dove c'è questo brano, "The Living Return", mi piace moltissimo. La loro sezione ritmica è sempre ad alto tasso di groove, e anche per il resto viaggiano ad alti livelli.
Questa canzone però è una cover, ben più vecchia, un classico del Soul pubblicato dai The Delfonics nel 1968. Mi piace molto ascoltare la nuova e la vecchia una dopo l'altra, per come è stata mantenuta l'atmosfera, e il groove fotocopiato negli elementi essenziali, a partire dalla batteria con la botta invincibile del rullante ed il basso sempre in anticipo sul levare. Entrambe le versioni non permettono all'ascoltatore di stare fermo, nonostante il tempo lento, salvo che sia un totale insensibile al ritmo.
Ecco la versione originale del 1968: The Delfonics - La-La Means I Love You (Audio)

Nota: Ricorderemo tutti quando in Jackie Brown di Quentin Tarantino, il detective ascolta la cassetta dei The Delfonics tutte le volte che va in auto.
 
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