Chi ha vissuto la propria infanzia negli anni Novanta avrà sicuramente a casa un volume di Top of the Spot, acquistato da un padre desideroso di provare l’impianto hi-fi nuovo di zecca. Stiamo parlando di raccolte di brani usati nelle pubblicità dell’epoca, concepite per chi volesse trovare le canzoni ascoltate tra una puntata di Beautiful e una di Luna Park. Nel primo CD della collana c’è un pezzo che molti ricordano, “Return to Innocence” degli Enigma, un mix di ritmiche hip-hop e sonorità new age affiancate da un testo suggestivo, che ci invita ad ascoltare il nostro cuore per essere più veri e autentici. A cosa serve questa premessa? Solo a ribadire che i dischi che ascoltiamo si legano al nostro vissuto e il giudizio su un’opera d’arte è spesso condizionato dalle emozioni che proviamo nella nostra esistenza.

Tralasciando le nostalgie del passato, possiamo aggiungere che il talento di alcuni artisti eguaglia quello attribuito dai nostri sentimenti, e questo vale per il progetto Enigma del buon Michael Cretu. Cretu non è un musicista improvvisato, ma ha una carriera da producer alle spalle, coronata dal successo di (I’ll Never Be) Maria Magdalena”, canzone cantata dalla ex moglie Sandra e ricordata come una hit degli anni Ottanta. A fine decennio il nostro lascia il synth-pop per tuffarsi nella sperimentazione elettronica che, a quei tempi, stava aprendo nuovi e stimolanti orizzonti musicali. Dopo l’ottimo MCMXC a.D., trainato dai singoli “Sadeness (Part I)” e “Mea Culpa (Part II)” (influenzati da temi religiosi e canti gregoriani), Cretu dà alle stampe The Cross of Changes, il più famoso album pubblicato a nome Enigma e, probabilmente, il migliore. Parlare di The Cross of Changes non è facile, soprattutto per la sua capacità di toccare le corde dell’anima e intrecciarsi con memorie e frammenti d’immagini; tuttavia un tentativo è doveroso, perché stiamo parlando di un’opera pregevole, importante sia da un punto di vista storico che musicale.

In questo lavoro Cretu abbandona le atmosfere religiose di MCMXC a.D. e fa un uso massiccio di sonorità etniche, dal sapore worldbeat. Dai canti mongoli a quelli Amis, passando per U2, Peter Gabriel e Black Sabbath (proprio loro), il campionatore di Cretu sembra mosso da un brivido febbrile e lavora incessantemente, sovrapponendo voci, suoni, rimandi e ricordi. Nel viaggio di The Cross of Changes siamo spesso accompagnati da Sandra, che non si limita a introdurci in “Second Chapter” (quanti dischi iniziano con qualcuno che sussurra: “We came out from the deep/To help and understand but not to kill”?) o a prenderci per mano nella toccante “The Dream of the Dolphin”, ma contribuisce attivamente ai brani più riusciti dell’album. Impossibile non menzionare “The Eyes of Truth”, traccia dal sapore epico accompagnata da un videoclip d’impatto, girato in Nepal (e in cui Sandra afferma: “Je me regarde/Je me sens/Je vois des enfants/Je suis enfant!”). Il ritorno all’innocenza perduta viene ribadito in “Return to Innocence”, dove il nostro saccheggia addirittura i Led Zeppelin, in particolar modo la batteria di “When the Levee Breaks” (cinque anni prima dei Massive Attack: sarà una coincidenza?), mentre Age of Loneliness” fonde magistralmente hip-hop e atmosfere global, accennando a un mondo perso tra follia e alienazione urbana. Tuttavia il pezzo migliore è “I Love You, I’ll Kill You”, otto minuti in cui si scorgono il trip-hop e alcuni sample vocali che non sfigurerebbero in una produzione dubstep (da ricordare anche il testo, incentrato sul contrasto tra amore e odio che da sempre scuote l’animo umano). Alla fine del viaggio ci sentiamo diversi, piacevolmente turbati, e la title-track non smette di ammonirci: “If you understand or if you don’t/If you believe or if you doubt/There’s a universal justice/And the eyes of truth/Are always watching you”. Certo, le sonorità degli Enigma risultano un po’ datate, soprattutto se teniamo conto dell’evoluzione che l’elettronica stava vivendo in quegli anni; inoltre Cretu si concede qualche tamarraggine di troppo, come le schitarrate diOut from the Deep” e “I Love You, I’ll Kill You”, che comunque perdoniamo al nostro.

Al di là delle critiche colpisce la capacità visionaria di The Cross of Changes, un lavoro che anticipa (anche solo concettualmente) le proposte di Thievery Corporation, Talvin Singh, Nitin Sawhney e Asian Dub Foundation. Senza dimenticare la downtempo di Kruder & Dorfmeister e Peace Orchestra, il Bristol Sound e la dubstep, che devono molto alle sperimentazioni del producer tedesco. E infine un appunto nostalgico: con “Return to Innocence” molti si rivedranno bambini, mentre ascoltano il Top of the Spot di turno in una normale domenica da trascorrere in famiglia. E ringrazieranno Michael Cretu e la magia che solo certa musica sembra possedere.

Voto: 4,5

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