Prima di cominciare, una piccola premessa: io di pop francese non so praticamente nulla (eh, invece su tutto il resto sei un luminare, come no...), ma penso che un artista migliore per introdurmi in questo "mondo" proprio non potessi trovarlo. Sono stati i Saint Etienne a presentarmelo, con loro ha realizzato un EP nel 1995 ("Reserection", a nome St. Etienne Daho) che per inciso non ho ancora ascoltato, ma è bastato venirne a conoscenza per far pizzicare il mio naso da segugio, i Saint Etienne sono gente seria, su questo non ci piove. Ok, ma veniamo al sodo, chi è questo Etienne Daho? Nato il 14 gennaio, esattamente come il sottoscritto, qualche decennio prima però (1956), una star in patria e molto stimato anche a livello internazionale, quantomeno tra colleghi musicisti. Bello, elegante, fascinoso, gran voce, un look un po' a'la Brian Ferry/Morrissey, figlio degli anni '80, da cui è uscito vivo e vegeto, riuscendo con questo album del 2013 ad ottenere un assolutamente strameritato e unanime consenso di pubblico e critica, perlomeno in patria.

Un mio personale consiglio, propedeutico all'ascolto di "Les chansons de l'innocence retrouvée" ma non solo: ascoltatevi quantomeno il suo best of del '98, intitolato semplicemente "Singles": è una vera e propria miniera d'oro, melodie gustosissime ed intriganti elargite a piene mani, e in più fa capire benissimo l'evoluzione artistica di Etienne Daho; dal synth/new wave degli esordi ad uno stile più personale, un pop/pop rock arrangiato con gran gusto, parzialmente influenzato dai grandi fasti di mamma chanson ma che non dimentica le origini elettroniche. Un artista che, per quanto ho avuto modo di ascoltare, ha sempre proposto un pop d'autore di grande contenuto e caratura melodica, "Les chansons..." non fa eccezione, mettendo in evidenza l'anima più cantautorale di Etienne Daho. Una delle doti vincenti di questo artista è senza dubbio una voce affascinante, di quelle che piacciono a me: timbro caldo, pastoso, leggermente nasale. Segni particolari? Elegantissimo. Il suo stile canoro è stato accostato a quello di Leonard Cohen tra gli altri, Etienne è meno roco del Cohen più recente e un po' meno nasale di quello degli esordi, sicuramente molto più cantante, e in quest'album ci sono effettivamente delle suggestioni, atmosfere assimilabili a quelle di "I'm Your Man" e "Ten New Songs".

"Les chansons de l'innocence retrouvée" è un album abbastanza vario, ma lo stile dominante è un crossover chanson/new wave/glam, un glam notturno e decadente, francese quanto basta ma con mentalità molto internazionale, cantato con una voce super-sexy. Molte caratteristiche generalmente associate agli Suede e a Brett Anderson io le ritrovo qui, in questo disco, espresse in un modo che mi manda veramente in estasi. Aprire le danze con un pezzo forte è sempre importante, dannatamente importante oserei dire, Etienne Daho lo fa con "Le baiser du destin": una base elettronica molto new wave, ritmo cadenzato, voce e orchestrazioni lievemente riverberati. Atmosfera evocativa, piacevolmente straniante, quasi arcana; notti senza luna nei vicoli di Parigi. L'inizio è folgorante, il proseguo forse pure meglio: le prime quattro canzoni dell'album sono quasi un continuum; "Strange, I've seen that face before, seen him hangin' round my door, like a hawk stealing for the prey, like the night waiting for the day, strange, he shadows me back home, footsteps echoes on the stone, rainy nights, an hustling boulevard, parisian music drifting from the bars". Così cantava Grace Jones, il mood è questo, lo si percepisce nello scorrere di "L'homme qui marche", piano e synths, basso che indugia pigramente, una malinconia visionaria che sembra uscita da "The Man Who Sold The World" di Bowie, e poi in un'orchestrale e decadente "Un nouveau printemps", chanson lasciva, teatrale, straniante; il fantasma di Leonard Cohen si materializza, osserva da lontano. Un giro di piano molto elegante, molto jazzy introduce "Les torrents défendus", e qui la notte finisce, la componente sixties prevale su quella eighties, maestosi voli d'archi, andamento ballabile, e qui si ritorna a Grace Jones; un pezzo del genere sarebbe stato perfetto per lei, quel cantato/recitato l'avrebbe assolutamente esaltata.

Livello altissimo anche oltre il quartetto iniziale, nell'intenso crescendo orchestrale di "Le malentendu" riecheggia un Jacques Brel dolente ed accorato, e, tanto per non farsi mancare nulla, ci scappa anche una collaborazione prestigiosa, in "L'étrangère" troviamo Debbie Harry; non è un vero e proprio duetto, l'illustre ospite introduce e poi accompagna qua e là, il centro della scena rimane saldamente nelle mani di Etienne, che propone ancora una volta arrangiamenti orchestrali impeccabili, dal retrogusto quasi gitano e un ritornello molto potente e orecchiabile, elegantemente radiofonico. Ottime conferme, la classe sorniona e compassata di "Un bonheur dangereux" e "Onze mille vierges" ma anche sorprese inaspettate come "Le peau dure", che potrebbe sembrare un corpo estraneo, invece è quel raggio di luce che passa attraverso una stanza in penombra: qui l'elettronica viene momentaneamente accantonata e si fa strada una semi ballad pop rock, di gusto molto anni '70, perfetto connubio tra chitarra elettrica e acustica, melodia instant classic e splendida interpretazione vocale. E poi si chiude col botto, riservando un ultimo colpo di teatro: "Les chansons de l'innocence" è un'inaspettata performance disco-funky, bella rotonda e coinvolgente, basso pulsante e cori femminili; dove all'inizio c'era una notte senza luna, illuminata da qualche fioco lampione, ora splende alta e sfavillante una palla stroboscopica. Sul serio, tutto mi sarei aspettato tranne che qualcosa del genere per chiudere un album così, eppure funziona perfettamente, dimostra una classe e una sottile furbizia veramente non comuni.

Come avrete sicuramente intuito per me è stato amore al primo ascolto, oserei quasi dire che "Les chansons de l'innocence retrouvée" ha scavalcato la senape di Digione come mio prodotto francese preferito, e poi c'è la soddisfazione di compiere gli anni lo stesso giorno di cotanto artista, cosa non da poco se si considera che i miei cofesteggianti più famosi sono l'on. Giulio Andreotti pace all'anima sua e Giancarlo Fisichella che mi è sempre stato parecchio antipatico. Finalmente potrò dire, gonfiando il petto "oggi è il mio compleanno e anche quello di Etienne Daho", ah, ma perdonate l'egocentrismo, no non sono francese, sono così già di mio. Tornando a noi, un album di Pop hòrs categorie, suggestivo e gustosissimamente glamour, lo consiglio caldissimamente.

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