L' ultimo film di Ferzan Ozpetek, dal titolo "Nuovo Olimpo" e disponibile sulla piattaforma Netflix dallo scorso 1° novembre, ci riporta ai tempi in cui le sale cinematografiche erano veri e propri luoghi di aggregazione e socializzazione. E questo può sembrare lunare se rapportato ai nostri giorni in cui i cinema sono sempre di meno per cause non solo economiche ( se n'è dibattuto anche qui su Debaser).
L' ambientazione dell'intera vicenda rappresentata dalla pellicola è, a mio parere, il punto di forza, a fronte di una trama che si snoda lungo percorsi già tipici nella cinematografia di Ozpetek. Sostanzialmente, l'improvviso divampare della passione amorosa fra i due personaggi maschili è familiare a chi ha già visto precedenti opere del regista. Qui si tratta dell'aspirante regista Enea Monti (personaggio ispirato allo stesso Ozpetek e interpretato da un diligente Damiano Gavino) e dello studente di medicina Pietro (non reso particolarmente bene da Andrea Di Luigi, dall'espressione del volto poco mobile e assimilabile a quella di un pesce lesso) , presi da folle passione sullo sfondo della Roma turbolenta di fine anni '70.
Ma l' intensità del sentimento, a fronte di cause di forza maggiore, non regge e i due non riusciranno a rinsaldare il legame, travolti da imprevisti che li porteranno ad intraprendere percorsi esistenziali e professionali ben diversi e distanti. E se nel corso dei decenni mancherà poco per ritrovarsi, sarà solo poi nel 2015 che il destino congiurera` per consentire un inopinabile riavvicinamento, grazie a fatti così fortuiti da non essere spoilerati per annullare l'effetto sorpresa in chi vorrà visionare il film.
Lo svolgimento della pellicola scorre liscia senza tanti scossoni e pare completamente algida. Quelle "sliding doors" che costellano l' esistenza dei personaggi non accendono molto il coinvolgimento dello spettatore, cosa che capitava in altri film di Ozpetek e anche in un film molto simile come "La la land" di Chazelle, con personaggi che suscitavano empatia per le vicissitudini sentimentali rappresentate.
Semmai mi è parsa più riuscita la descrizione della sala cinematografica come luogo di incontro in quegli anni ormai lontani. E , proprio per aver vissuto quel frangente, posso confermare che il cinema era anche luogo per condividere una significativa esperienza culturale.
Purtroppo, però, per certi avventori il buio della sala cinematografica era il pretesto per fare anche altro. E poteva essere tollerabile venirci per pomiciare con l' anima gemella nell'ultima fila ( per quanto fosse meglio semmai andare in "camporella" in auto). Insopportabile, piuttosto, come si accenna in " Nuovo Olimpo", era certa abitudine di spettatori maschi di familiarizzare al punto tale di fiondarsi nei gabinetti per sfogare i ben noti istinti sessuali. E purtroppo a me capitò, in un cinema di seconda visione a Milano, proprio in quegli anni, di essere fatto oggetto di attenzioni non richieste da parte di un uomo di mezz'età che venne a sedersi al mio fianco mentre stavo attentamente guardando il "Fellini Satyricon". Dopo meno di un minuto, il maiale bipede appoggiò la sua fetida mano su una mia coscia. Io, proprio per fargli capire come la pensavo, gli sferrai un'aguzza gomitata nelle parti basse che lo indusse a lasciare immediatamente il posto mugolando un sommesso "Uhuhu" di dolore.
Ma dico io: chi gli aveva chiesto una simile confidenza? Avevo pagato il biglietto per vedere un film d' autore, non per fare porcherie con un perfetto sconosciuto che magari, fuori da quel contesto, si atteggiava a morigerato borghese benpensante e credente praticante in sancta Romana ecclesia. Che andasse a grufolare con i suoi simili nel cesso nel cinema!
Per me non c'è mai stato nulla da eccepire sul sesso praticato e consenziente, ma comunque fuori dalla sala cinematografica. E sulla sacralità del luogo cinematografico non ho mai avuto dubbi. E in ciò, l' ultimo film di Ferzan Ozpetek ha almeno il pregio di ricreare un' atmosfera e un costume oggi ormai quasi obliati.
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