Avevo scritto una recensione esaustiva su questo disco, ma me l’ha mangiata il cane. E ha fatto bene. Era una interminabile sequela di stronzate. Questo disco bisogna ascoltarlo, non c’è altro modo.

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Una voce, suadente e abissale, inizia con un’invocazione.

“Please fantasy

Please stay with me

Please stay even though you know my reality

Stay close to me

Stay fantasy

Please stay and protect the lands of my sanity”

È la stessa di trent’anni prima. Nel ’67, la voce era tesa e la musica andava, frenetica, per conto suo. Ora, i due vanno di pari passo.

Tutto il disco è un dialogo, uno scontro, un litigio.

Da una parte, un sotterraneo rumorismo. Una musique concrète alle soglie del 2000.

Dall’altra, una cadenzatura e un canto indefinibile.

Difficile distinguere le fattezze, quando l’oggetto in questione è così iridiscente e sfuggente.

L’unico modo per comprenderlo è ascoltarlo.

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Diciamo la verità: io non ho un cane. Ma la recensione l’avevo scritta davvero. Ieri sera però, con tutta calma, mi sono riascoltato il disco tutto d’un fiato. Prima del penultimo brano ho buttato tutto nel cestino virtuale. E non ho indugiato nel cliccare in alto a destra su Svuota cestino. Sei sicuro? Sì, sono sicuro.

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