Ma come, su DeB. si sprecano le lodi per Peter Green, qualcuno addirittura lo ama, bontà sua, e poi vai a vedere la discografia dei suoi Fleetwood Mac e non trovi uno straccio di recensione della loro opera seconda?! E allora, per scarsa che sarà, la scrivo io giusto per mantenere la leadership delle recensioni di questo multiforme Gruppo, nella sua prima e gloriosa formazione, che ha dato alla musica almeno un capolavoro assoluto: quel "Then Play on" che succederà a questo discreto "Mr. Wonderful", uscito a sua volta a soli 6 mesi dall'omonimo album d'esordio nell'agosto del fatidico '68 e già questo basta ad inquadrarne le nobili radici temporali.

Bando alle ciance mi calo nella sua musica facimente inquadrabile come rock-blues fin dalle prime battute di: "Stop Messin' Round" veloce rhythm & blues scritto a 4 mani, come del resto la metà dei brani dell'album, da Peter Green ed il suo produttore Clifford Adams che lascia ben presto spazio al classico "I've Lost My Baby" in cui la trama della chitarra di Green delizia gran parte del brano composto dall'altra anima del FW Mac quel Jeremy Spenser la cui chitarra e voce fanno da contraltare a quella di Peter fino a quando il nostro eroe lascerà il gruppo da lì ad paio d'anni, dopo l'epico concerto in Boston, lasciando (ahimè) via libera alle due figure minori di questa prima formazione ovvero: il bassista John McVie ed il batterista Mick Fleetwood.

Tornando a "Mr. Wonderful", troviamo a seguire un altro facile rhythm & blues "Rollin' Man" ed un omaggio al grande blues man Robert Johnson con la celebre "Dust My Broom" che ci portano ad uno dei brani più ispirati di "Mr. Wonderful": quel "Love that Burn" che a dispetto del titolo è un tranquillo blues pieno d'aplomb cantato dall'inimitabile Green, stancamente accompagnato dal resto del gruppo con Steve Gregory e Roland Vaughan al sax. Chiude la prima facciata del vinile un altro classico di Bep Brown la simpatica "Doctor Brown", ma si riparte subito nell'altro lato con la continuità di "Need Your Love Tonight" di Spencer, quasi una citazione del brano precedente ed in grado ancora di far emergere le qualità dei due provetti chitarristi, Green in primo luogo.

Più interessante e sempre guidata da Green è "If You Be My Babe" altro blues da lui scritto assieme ad Adams che passa la mano ad un boogie d'antologia firmato da Spencer per l'appunto: "Evenin' Boogie" ricamato dalla sua chitarra con utile inframmezzo del sax tenore di Vaughan, decisamente un brano ballabile (a saperlo seguire!); molto vivace a dispetto del titolo è anche "Lazy Poker Blues" sempre della premiata coppia Adams-Greeen che passa la mano ad un altro omaggio a quell' Elmore James che, oltre ai presenti, influenzò un'intera generazione di rocker ivi inclusi Mayall, Allman e lo stesso Clapton e siamo così giunti a: "Coming Home" che lascia il posto al brano più Green che Green non si può: "Trying so Hard to Forget", cosa più facile a scriversi che a farsi, è infatti un pezzo così melanconico e segnato dalla suggestiva armonica di Duster Bennett ed il basso di McVie che con quei due profondi accordi sembra di fronte a noi, insomma una chiusura alla grande, difficile da scordare.

Per concludere il giudizio musicale è complessivame buono, un lavoro che si lascia ascoltare senza fatica, ma che a mio parere rappresenta un passo indietro rispetto all'album d'esordio, anzi, con malizia e vista la modesta distanza temporale dalla sua uscita, mi viene da pensare che almeno una parte del materiale siano "out takes" di quello ed il resto celebrazioni "riempitive" anche se egregiamente eseguite. Insomma una sorta di quiete prima della tempesta del successivo capolavoro, senza particolari invenzioni, ma un'ottima fattura dei suoi grandi artefici. Un cenno anche all'indimenticabile copertina che nell'album originale si apre per completare uno dei più brutti ritratti fotografici della storia del rock, seguito degnamente e con continuità da quello della raccolta "English Rose" uscita di lì a qualche mese contemporaneamente al cambio d'etichetta discografica da parte dei FW Mac, che porterà (per fortuna!) anche da questo punto di vista ad un netto cambiamento d'estetica. Eccellente l'edizione rimasterizzata ed espansa nel 2004.

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