La città, vista nel suo aspetto quotidiano e attuale, ma soprattutto nel suo valore simbolico, legato ad un passato più o meno illustre. È questo il tema conduttore di "Metropolis" (1981), quasi un concept-album, uscito con circa dieci anni di ritardo sulla moda dei dischi "a tema". Ma si sa che Guccini da quarant'anni delle mode se ne sbatte allegramente ("ne abbiam visti geni e maghi uscire a frotte per scomparire. . . "), ed è proprio questo che gli ha consentito di essere credibile e attuale per una vita intera, sia pure con qualche recente e inevitabile segno di stanchezza."Metropolis" è un ottimo disco, appena macchiato da due brani in tono minore. È anche un discreto passo avanti nella lunga e faticosa evoluzione musicale del cantastorie di Pàvana, anche se da questo punto di vista è più decisivo "Signora Bovary". Un po' sono i musicisti che accompagnano Guccini che migliorano il loro affiatamento disco dopo disco, un po' è la presenza del folle ma geniale chitarrista Jimmy Villotti, noto per il suo fantasioso apporto alla storica band di Paolo Conte, fatto sta che il suono di questo disco è più curato e gradevole rispetto ai precedenti, "Amerigo" compreso.

L'inizio è fulminante: "Bisanzio" è in assoluto una delle migliori composizioni gucciniane di sempre. Prima di tutto ha un testo magnifico, pieno di metafore illuminanti, tali da incatenare l'ascoltatore e da coinvolgerlo nel profondo smarrimento del sapiente e mago Filemazio, che cerca di trarre un auspicio, un oroscopo, dall'osservazione degli astri come dall'osservazione della città di Bisanzio, "simbolo insondabile, segreto e ambiguo come questa vita" , città che non a caso si trova dove la terra "si perde dentro al mare fino quasi al niente, e poi ritorna terra e non è più Occidente", tanto per citare solo qualche verso dei più significativi. Come se non bastasse, a tutto ciò è abbinata una musica a dir poco ispirata, che offre suggestioni al tempo stesso antiche e misteriosamente orientaleggianti. Vero capolavoro, e non è da meno "Venezia", che (sorpresa) è solo in parte gucciniana, anche se lo sembra davvero al 100%. Sarà lo sguardo attento e commosso sulle due tristi vicende parallele, quella della città che muore a poco a poco e quella della giovane Stefania, che muore contemporaneamente di parto in un grande ospedale dando alla luce un bambino il cui destino sarà "comprare o smerciare Venezia". . . sarà quel tocco d'ironia che solo Guccini sa infilare anche in una storia così triste ("San Marco è senz'altro anche il nome di una pizzeria"). . . però la canzone è firmata Bigi-Guccini-Alloisio. L'ultimo dei tre è coautore anche della non memorabile "Milano (Poveri bimbi di)", dai concetti sicuramente condivisibili, sorretti però da un testo non troppo ispirato, oltre che da una musica insolitamente rock, ma piuttosto scontata. Definirei un brano minore anche "Black-out", che però almeno ha il pregio di associare ad una banale filastrocca un testo divertente e al tempo stesso significativo, la cui morale innnegabile è che certe "comodità" come la TV e altri elettrodomestici, se ci si pensa bene, non sono poi così indispensabili.

Ma restano altri capolavori, e uno di questi è senza dubbio "Bologna", dichiarazione di odio-amore per la città in cui Guccini si è formato culturalmente, al comodo riparo dei suoi "portici-cosce", simbolo a tinte forti di apertura ("Parigi in minore", "ombelico di tutto"), ma anche di grettezza ("ricca signora che fu contadina", "volgare matrona"). Una città che dietro il suo noto volto molle e godereccio nasconde un'insospettata e cinica durezza: "Bologna capace d'amore. . . capace di morte" è un chiaro riferimento alla strage della stazione, avvenuta l'anno prima. Anche qui il testo è degnamente supportato da una musica appropriata, con in grande evidenza, oltre alle solite chitarre, un suggestivo flauto andino. Da sconsigliare assolutamente ai depressi è "Lager", con la sua inquietante e ricorrente domanda: "Cos'è un Lager ?", la cui risposta è raggelante, perché un Lager non è solo uno di quelli tristemente consegnati alla storia dal "nazi infame", ma è più in generale "la consueta prassi del terrore" e può essere "in un ghetto, fabbrica o città", e soprattutto (attenzione !) esiste ancora oggi. Per quanto ossessionante, la domanda "Cos'è un Lager ?" finisce per trovare più di una risposta (anche troppe. . . ), mentre un'altra domanda, più rabbiosa, è destinata a rimanere là in fondo al testo come un'eco che si propaga all'infinito: "Chi tra voi kapò, chi vittima sarà, in un Lager ?". Aggiungiamoci anche una musica tragicamente consona al testo, e si può ben comprendere come questa canzone sia capace di far lacrimare i macigni.

Meno toccante, ma notevole anche "Antenòr", bella storia ambientata in una leggendaria pampa argentina, protagonista un uomo colpevole solo di essere abile con il coltello, e costretto per forza a mostrare la sua bravura, fino ad uccidere per non essere a sua volta ucciso, e quindi a fuggire. Un'amara riflessione sull'ineluttabilità del destino, contenuta in una ballata acustica con ricchi arpeggi di chitarra, a cui si può trovare il solo difetto di una lunghezza eccessiva. Cosa che non si può dire dell'intero disco, assai spilorcio nei suoi 31 minuti, anche se per buona parte si tratta di un vero concentrato di classici gucciniani.

Elenco tracce testi e samples

01   Bisanzio (05:10)

Anche questa sera la luna è sorta
affogata in un colore troppo rosso e vago,
Vespero non si vede, si è offuscata,
la punta dello stilo si è spezzata.
Che oroscopo puoi trarre questa sera, Mago?

Io Filemazio, protomedico, matematico, astronomo, forse saggio,
ridotto come un cieco a brancicare attorno,
non ho la conoscenza od il coraggio
per fare quest' oroscopo, per divinar responso,
e resto qui a aspettare che ritorni giorno

e devo dire, devo dire, che sono forse troppo vecchio per capire,
che ho perso la mia mente in chissà quale abuso, od ozio,
ma stan mutando gli astri nelle notti d' equinozio.
O forse io, forse io, ho sottovalutato questo nuovo dio.
Lo leggo in me e nei segni che qualcosa sta cambiando,
ma è un debole presagio che non dice come e quando...

Me ne andavo l' altra sera, quasi inconsciamente,
giù al porto a Bosphoreion là dove si perde
la terra dentro al mare fino quasi al niente
e poi ritorna terra e non è più occidente:
che importa a questo mare essere azzurro o verde?

Sentivo i canti osceni degli avvinazzati,
di gente dallo sguardo pitturato e vuoto...
ippodromo, bordello e nordici soldati,
Romani e Greci urlate dove siete andati...
Sentivo bestemmiare in Alamanno e in Goto...

Città assurda, città strana di questo imperatore sposo di puttana,
di plebi smisurate, labirinti ed empietà,
di barbari che forse sanno già la verità,
di filosofi e di eteree, sospesa tra due mondi, e tra due ere...
Fortuna e età han deciso per un giorno non lontano,
o il fato chiederebbe che scegliesse la mia mano, ma...

Bisanzio è forse solo un simbolo insondabile,
segreto e ambiguo come questa vita,
Bisanzio è un mito che non mi è consueto,
Bisanzio è un sogno che si fa incompleto,
Bisanzio forse non è mai esistita
e ancora ignoro e un' altra notte è andata,
Lucifero è già sorto, e si alza un po' di vento,
c'è freddo sulla torre o è l' età mia malata,
confondo vita e morte e non so chi è passata...
mi copro col mantello il capo e più non sento,
e mi addormento, mi addormento, mi addormento...

02   Venezia (04:02)

Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare,
la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia, la vende ai turisti,
che cercano in mezzo alla gente l' Europa o l' Oriente,
che guardano alzarsi alla sera il fumo - o la rabbia - di Porto Marghera...

Stefania era bella, Stefania non stava mai male,
è morta di parto gridando in un letto sudato d' un grande ospedale;
aveva vent' anni, un marito, e l' anello nel dito:
mi han detto confusi i parenti che quasi il respiro inciampava nei denti...

Venezia è un' albergo, San Marco è senz' altro anche il nome di una pizzeria,
la gondola costa, la gondola è solo un bel giro di giostra.
Stefania d' estate giocava con me nelle vuote domeniche d' ozio.
Mia madre parlava, sua madre vendeva Venezia in negozio.

Venezia è anche un sogno, di quelli che puoi comperare,
però non ti puoi risvegliare con l' acqua alla gola, e un dolore a livello del mare:
il Doge ha cambiato di casa e per mille finestre
c'è solo il vagito di un bimbo che è nato, c'è solo la sirena di Mestre...

Stefania affondando, Stefania ha lasciato qualcosa:
Novella Duemila e una rosa sul suo comodino, Stefania ha lasciato un bambino.
Non so se ai parenti gli ha fatto davvero del male
vederla morire ammazzata, morire da sola, in un grande ospedale...

Venezia è un imbroglio che riempie la testa soltanto di fatalità:
del resto del mondo non sai più una sega, Venezia è la gente che se ne frega!
Stefania è un bambino, comprare o smerciare Venezia sarà il suo destino:
può darsi che un giorno saremo contenti di esserne solo lontani parenti...

03   Antenòr (05:16)

04   Bologna (04:39)

Bologna è una vecchia signora dai fianchi un po' molli
col seno sul piano padano ed il culo sui colli,
Bologna arrogante e papale, Bologna la rossa e fetale,
Bologna la grassa e l' umana già un poco Romagna e in odor di Toscana...

Bologna per me provinciale Parigi minore:
mercati all' aperto, bistrots, della "rive gauche" l' odore
con Sartre che pontificava, Baudelaire fra l' assenzio cantava
ed io, modenese volgare, a sudarmi un amore, fosse pure ancillare.

Però che Bohéme confortevole giocata fra casa e osterie
quando a ogni bicchiere rimbalzano le filosofie...
Oh quanto eravamo poetici, ma senza pudore e paura
e i vecchi "imberiaghi" sembravano la letteratura...
Oh quanto eravam tutti artistici, ma senza pudore o vergogna
cullati fra i portici cosce di mamma Bologna...

Bologna è una donna emiliana di zigomo forte,
Bologna capace d' amore, capace di morte,
che sa quel che conta e che vale, che sa dov' è il sugo del sale,
che calcola il giusto la vita e che sa stare in piedi per quanto colpita...

Bologna è una ricca signora che fu contadina:
benessere, ville, gioielli... e salami in vetrina,
che sa che l' odor di miseria da mandare giù è cosa seria
e vuole sentirsi sicura con quello che ha addosso, perchè sa la paura.

Lo sprechi il tuo odor di benessere però con lo strano binomio
dei morti per sogni davanti al tuo Santo Petronio
e i tuoi bolognesi, se esistono, ci sono od ormai si son persi
confusi e legati a migliaia di mondi diversi?
Oh quante parole ti cantano, cullando i cliché della gente,
cantando canzoni che è come cantare di niente...

Bologna è una strana signora, volgare matrona,
Bologna bambina per bene, Bologna "busona",
Bologna ombelico di tutto, mi spingi a un singhiozzo e ad un rutto,
rimorso per quel che m' hai dato, che è quasi ricordo, e in odor di passato...

05   Lager (03:45)

06   Black-out (03:54)

07   Milano (Poveri bimbi di) (04:52)

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Altre recensioni

Di  Carlo V.

 L'idea non mi entusiasma, e la compilazione del disco è forzata.

 Per me non c'è niente di indispensabile in questo LP, o almeno c'è molto poco di ciò che amo di Guccini.