Disco allucinato e visionario, "Pollution", del 1972, rappresenta l'apice della sperimentazione elettronica di Franco Battiato. Dalla struttura complessa e pressoché profetica, il nuovo lavoro di "Süphan Barzani" - questo lo pseudonimo del Battiato artista espositore delle più recenti tele - non fa che proseguire il discorso già intrapreso in "Fetus" dell'anno precedente: l'embrione, fattosi vivente attraverso un complesso viaggio cellulare è ora individuo distinto, e come tale è oggetto di interrogativi e sciarade di difficile risoluzione; il dado non è tratto, e nella diffusa incertezza aleggia sovrano il vizio di errore che tanto aveva tormentato il viaggio verso la nascita del feto originario: il gamma che compare nell'equazione sinusoidale di "Fenomenologia", ritardo di fase che a guisa di termine additivo aggiunge un periglioso margine di incerto all'incognita della creazione è qui un dato acquisito, un intero negativo che grava sull'uomo ritraendolo in tutta la sua fatiscenza.

E' dunque un disco pervaso da un patente Pessimismo Cosmico, tetro e inconsolabile, capace di effigiare al contempo un affascinante corteo di scenari futuri verso cui l'individuo è, secondo il Battiato degli anni '70, inevitabilmente diretto. Tra questi, il più curioso ed enigmatico è lo scenario acquatico. E' "Pollution" difatti un disco "liquido" oltre che visionario, un'opera pervasa da impressioni umide e scivolose al punto da prestarsi, sia musicalmente che verbosamente, ad un continuum stagnante che partendo da "Beta" sfocia nel Pianto Cosmico battiatiano della coda del disco.
"Plancton", il brano più illuminante in questo senso, prospetta all'uomo una transizione di stato verso l'elemento acquatico, una trasformazione mostruosa che ha come esito una preoccupante simbiosi ove le "mani diventano squame" e i "capelli diventano alghe". Profezia sull'inquinamento industriale? Ritorno alle origini acquatiche dell'uomo secondo la dottrina di Talete di Mileto? Puro e grottesco divertissement?
C'è un po' di tutto in questa visione dell'artista siciliano, e forse l'unica ipotesi da avanzare è che nel continuo riferimento all'acqua Battiato si sia voluto semplicemente riferire all'elemento puro più comune nell'ambiente naturale noto, all'entità primordiale che si trova oggigiorno ad essere frequentemente traviata dall'incedere umano e per questo "inquinata" da mano inesperta: acqua fonte di vita che trascina ora le scorie dell'opera terrena. Connessa a questo scenario acquatico il delirio elettromagnetico della title-track, ove in maniera glacialmente didascalica Battiato dà la definizione formale di "portata" di un liquido, chiosando poi con un enigmatico ritornello finale tra "campi elettrici", "litio atomico" e "gas magnetico": viaggio ai confini del non scomponibile, percorso a ritroso che sembra di nuovo ricongiungersi alla "cariocinesi" di Fetus.

Coerentemente, infine, alla notazione più pessimistica del lavoro, ecco lo scenario apocalittico della fine dell'esistenza. Sfocia così l'umanità intera nella più grottesca "soluzione finale" che un cabalista può aspettarsi: in un angoscioso "silenzio del rumore" di fine secondo millennio ecco dirompere il creato in un rombo di tuono senza possibilità di appello, visione apocalittica sardonicamente accompagnata da una voce stizzita che recita: "Non hai forza per tentare/ di cambiare il tuo avvenire/ per paura di scoprire/ libertà che non vuoi avere./ Ti sei mai chiesto quale funzione hai?". Si chiede Franco in più di una circostanza quale sia la funzione dell'uomo, e in uno scenario ancorpiù incupito e rabbuiato quale quello dell'ultima traccia, "Ti Sei Mai Chiesto Quale Funzione Hai?", per l' appunto, il già citato Pianto Cosmico sembra porre fine ad ogni tipologia di discorso costruttivo in merito.

Ultimo elemento rappresentativo del disco l'ossequio alla sciarada. Riprendendo il vecchio amore per le espressioni bifrontali, già misurato in ghost-track come "Iloponitnatsoc" (1968?), chiaro capovolgimento di "Costantinopoli", ecco affiorare l'enigmatica "Areknames", con testo vagamente bifrontale per canto e tastiera, vero rompicapo che lascia intendere fra le righe locuzioni come "Frontiere della mente", la "Metamorfosi muove le terre" e simili, con margine di incertezza che sembra essere stato aggiunto da un Battiato che dopo aver capovolto il brano l'ha anche storpiato a bella posta: ogni interpretazione sul brano, che riguardi il riferimento agli accordi musicali, ad un ipotetico personaggio dell'antichità egizia, ai chakra della Consapevolezza e della Forza risulta parziale e senza precisa risposta. Quale interpretazione, quale indicazione dagli enigmi della parola svelata? Non è dato saperlo.
"Dentro di me vivono la mia identica vita dei microrganismi che non sanno di appartenere al mio corpo... Io a quale corpo appartengo?"

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