Quando penso al 1985, l'anno di uscita di questo lavoro, non conoscevo il Signor Mercury, avevo 7 anni appena. Il 1985 nei miei ricordi di bambino era la plumbea atmosfera che regnava a casa quando, su "Mixer", si cercava di capire cosa diavolo fosse questo virus che colpiva gay lussuriosi, festaioli e benestanti, privandoli delle loro vite scintillanti, amici chiassosi, feste interminabili, trascinandoli verso lividi letti di ospedali, mentre polmoniti fulminanti e sarcoma di Kaposi li mangiavano letteralmente vivi.

Come si fa a dimenticare le immagini di una San Francisco cosi' dannatamente bella ma triste, mentre le sue strade si riempivano di uomini che cercavano di nascondere al mondo in piena estate volti e corpi pieni di macchie violacee ? E cosa c'entrerà mai tutto questo con un album di Freddie Mercury, direte voi. C'entra, eccome.

Amori strazianti ma destinati a vita breve. Amici allegri dalla mattina alla sera, bicchieri di champagne tra una discoteca e un night-club. Alcol e droghe prese un po' per noia, un po' per gioco. Una dipendenza dall'amore totale e irreversibile. Lucida follia. Trasgressione. Dolcezza. Tutto questo era Freddie, e questo album è il suo figlio legittimo. Meraviglie e limiti musicali coincidono, sono forse speculari, scivolano tra pezzi come "Foolin' around" e "My love is dangerous"; sono semplicemente leggere, esorcizzano i pensieri piu' cupi dell'uomo la cui indole era la quintessenza dell'esagerazione. Ma mai superficiale. La struggente gaiezza di "Made in Heaven" e la tristissima "I was born to love you", proiezioni di sentimenti dell'uomo e artista Mercury che dalla vita aveva avuto tutto, ma forse niente.

Ritmi dance-pop, power-pop, un po' rock e un po' farsa liricheggiante ("Man made Paradise" e la track che intitola l'album); un carnevale cosi' autoparodistico quanto umano ("Living on my own), una voce che raschia l'anima come un uomo che sta bruciando vivo per un amore tante volte cantato ma forse mai vissuto ("Love me like there's no tomorrow"). La subdola malattia che è stata orridamente salutata con sadico giubilo dall'esercito di benpensanti che poi piangeranno i figli tossicodipendenti vittime del sistema, ha avuto almeno una sua inevitabile ragione. Quantomai romantica. Ha reso Mercury icona del suo e del nostro tempo, ha risparmiato ad un artista cosi' coraggioso e dignitoso come lui la noia e la grigia melanconia della vecchiaia.

Una voce dura come il diamante incastonata in un turbinio di sensazioni, di ricordi, di fughe e di ritorni, di amori sfioriti e consumati come questo vinile. Perche' Freddie era proprio cosi', non ha mai barato. Non ha mai preteso di cambiare il mondo, ma non si è mai vergognato di mostrarsi al mondo per quello che realmente era. È per questo che eri unico, Mr. Cattivo Ragazzo.

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