Non sono un grande amante della cultura e delle arti giapponesi, e quindi non sono nemmeno un gran conoscitore della scena musicale nipponica, salvo aver ascoltato tempo fa qualche band un po' più importante della scena Hardcore (che so, i Gauze o i The Stalin, di cui comunque non possiedo alcun disco). Ma nonostante questa mia pressoché inesistente attitudine al rovistare tra le pagine web che parlano di gruppi nipponici, in un modo o nell'altro mi sono imbattuto in una band che ha un po' destato il mio interesse per la musica proveniente da Tokyo e dintorni. Si tratta di questi Fushitsusha, provenienti proprio dalla capitale giapponese e composti, almeno a livello di musicisti fissi, solamente da quel geniaccio di Keiji Haino, che canta (poco), suona la chitarra elettrica e mette le mani anche su qualche altro strumento. Ad affiancarlo, una masnada di artisti che album dopo album credo cambino. La personale scoperta di questo progetto, creato nel 1978 e portato avanti fino quasi ai giorni nostri, mi ha fatto rufolare un po' in internet per cercare qualche informazione sul contesto a cui la band appartiene; questa ricerca mi ha fatto scoprire un piccolo-grande vaso di Pandora dentro al quale erano rinchiusi numerosi interessanti artisti nipponici parecchio sperimentali, vicini oltretutto al movimento (forse qualcuno lo conosce) Japanoise, che chiaramente rimanda la mente a “Japan” e a “Noise”, binomio interessante per chi volesse farsi violare le orecchie da folli artisti con gli occhi a mandorla che fanno del rumorismo il proprio stile di vita.

Ma tornando ai Fushitsusha: la band di Haino nasce in tempi non sospetti, in quel finale di anni '70 in cui i grandi del Kraut-Rock e della Psichedelia stavano ottenendo, dopo grandi dischi, fama e  riconoscimento a livello pressoché planetario (salvo alcuni fenomeni rimasti un po' più europei piuttosto che mondiali). La band giapponese, dunque, pur debuttando un attimino dopo certi mostri sacri del Kraut, del Prog e della Psichedelia, si inserisce in questo vasto panorama in maniera abbastanza originale, senza scimmiottare i pezzi grossi, ma anzi proponendo una visione propria della sperimentazione Rock di cui forse dovremmo parlare di più.  

Fondamentalmente, come anticipato, i Fushitsusha suonano una musica psichedelica, che risente del Kraut-Rock europeo e in parte anche di certo Progressive, inserendo però su queste “basi” una spirale di suoni e un approccio puramente Noise-Rock. “Allegorical Misunderstanding” è considerato da molti un po' l'album simbolo del gruppo. Uscito nel 1993, quindi un po' dopo le prime fasi della carriera di Haino e soci, è un lavoro complesso e che può spiazzare, non essendo automaticamente assimilabile al primo ascolto. Le 10 tracce presenti prendono nomi progressivi che vanno da “Magic I” a “Magic X”; non in tutte il buon Haino canta (in giapponese), lasciando che siano soprattutto le note musicali a parlare per lui. Ne vien fuori un lavoro un po' oscuro, molto sperimentale ma ben calibrato. Per i più esperti della scena sperimentale/psichedelica dell'Estremo Oriente potrei dire che questi Fushitsusha possono assomigliare ai (loro) conterranei Ghost e Acid Mother Temple & The Melting Paraiso UFO, un po' più noti della band di Haino anche a livello globale.

Tra i 10 pezzi sono soprattutto degni di nota “Magic I” e “Magic IX”; l'uno più sognante, onirico, stralunato e capace di farci subito innamorare del progetto Fushitsusha, l'altro più complesso, strutturato, lungo quasi 14 minuti e densissimo del genio misto a follia del frontman della band, personaggio dall'indiscussa importanza nella scena psichedelica giapponese. Non si pensi comunque che le altre tracce facciano da cornice o da riempimento: ognuna ha un suo perché, nella stramba mente di Haino. Starà poi all'ascoltatore cercare di capire e rielaborare il rumoroso, aritmico, spettrale e a volte estremo messaggio sonoro in emozioni e considerazioni personali.    

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