Xecol, Guatemala.

2016.

Durante una cerimonia di sepoltura nel villaggio rurale viene riportata alla luce una fossa comune.

Una pallida fototessera ed una slavata polaroid con la moglie vengono ritrovate nella tasca di un cadavere.

Una donna del villaggio si riconosce nella foto e si riaprono, dolorose, le ferite.

Xecol, e non solo, Guatemala.

1960-1996.

L’URNG (Union Revolucionaria National Guatemalteca) combatte, perde, resiste contro il regime militare del governo instauratosi dopo un colpo di stato architettato dalla C.I.A., nella figura di Allen Welsh Dulles, realizzato tramite una campagna di finta propaganda e falsa informazione.

Oltre 200mila morti o scomparsi durante 36 anni di conflitto interno.

Genocidio maya.

L.A., Stati Uniti.

1999.

María Gabriela Moreno Bonilla, conosciuta come Gaby Moreno, nata a Guatemala City, ma nata per risplendere nella scena musicale mondiale, si sposta, appena maggiorenne, a Los Angeles, dove prende vita la sua carriera musicale.

2017.

“Sálvese quien pueda” è l’undicesima traccia di “Illusion”, ottavo album della cantautrice “Spanglish Folk-Soul” (sua autodefinizione). Il testo è breve e quanto mai vicino alla storia della sua terra. Country-blues, con un tappeto d’organo, un battere di rullante, un basso riempitivo e un tamburello a mezzaluna che, come in un western, suggella il vibrato da brividi della voce di Gaby Moreno. 10. Con lode.

“…sálvese quien pueda / de esta tempestad…” (si salvi chi può / da questa tempesta), “…sálvese quien pueda que aquí no habrá piedad, / solo las tinieblas pronto habitaran, / busquen ya un refugio, / o se arrepentirán que no todo está perdido…” (si salvi chi può che non ci sarà misericordia / presto ci sarà solo l’oscurità / che si cerchi ora un rifugio / o ci sarà da pentirsi, che non tutto è perduto).

L’album non è comunque un’istantanea del Guatemala, c’è di più in questo ultimo lavoro di Gaby Moreno, c’è molto di più: e’ un album fotografico delle identità musicali della compositrice guatemalteca.

Ci sono gli scatti della collaborazione in stile Motown con il cantante R’n’B, “Johnny P” nella realizzazione di “Love is Gone” e le immagini della ballata minore jazz-blues di “Nobody to Love”, un flash che ci riporta agli anni ’40, con la freschezza dei colori di una 35enne assolutamente consapevole della sua voce.

Il bianco e nero del piano verticale (Patrick Warren), shuffle sulla batteria (Sebastian Aymanns) ed un saloon semi deserto per la brillante “Pale Bright Lights”, che non mi stupirei di trovare in un western dei nostri tempi, filigrana in ¾ country che ci mostra “Fronteras” (esiste anche una versione tutta inglese “Borders”), paesaggistico il jazz di “Aldous”, chiaramente da un reflex senza filtri il blues di “Down in the Reverie” in cui emerge la chitarra (Arthur Braitsch) e tinte calde per la ballata disincantata “Solemncholy”.

Il repertorio scorre via veloce e piacevole fino all’ultima posa, sfocata.

“Illusion”.

Blues scritto a quattro mani con Adam Levy (come “Love is Gone”), chitarrista di Norah Jones, e duettato con il mandolinista/chitarrista Davíd Garza. Un brano che vagamente ricorda “Somethin’ Stupid” di “Carson & Gaile”, ma che è assolutamente accessibile anche nel 2018.

Mi sono innamorato di questo album e dell’ammaliante e strutturata voce di Gaby Moreno.

Vi invito a scattare foto e stamparle. La camera oscura è una stanza molto chiara per stare qualche minuto con sé stessi, i propri ricordi e l’amore che non c’è più, quantomeno per il mio.

Come in quella foto di Xecol.

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