Se adesso è un vanto restare fermi ed intransigenti su un proprio genere, declinarlo intelligentemente in ogni sua sfumatura ma negare fortemente qualsiasi contaminazione, negli anni '90 era tutto il contrario: basti pensare ad artisti elettronici come Chemical Brothers o Leftfield sempre pronti ad incrociare techno, house, rock, funk, hip-hop e chi più ne ha più ne metta, oppure cantautori che dei nineties sono stati simboli come Beck e Manu Chao, entrambi inclassificabili sotto un genere solamente.

È quindi con estremo piacere che oggi voglio riportar la vostra attenzione su un disco uscito proprio all'inizio del decennio scorso (nel '91 per la precisione), "In Pursuit Of The 13th Note", l'esordio del progetto Galliano: vero pilastro dell'acid-jazz e punta di diamante della Talkin' Loud di Gilles Peterson, il collettivo guidato da Rob Gallagher debutta sulla lunga distanza dopo qualche anno di rodaggio in giro per l'Inghilterra e stupisce per la propria proposta coloratissima della mille facce.
Il disco è un caleidoscopio di suoni e culture: deambula scanzonato tra poetica freak, echi d'Africa, suggestioni giamaicane, vis polemica tipicamente metropolitana e mood jazzato. Difficile catalogare il tutto: immaginate Black Uhuru, Donald Fagen, De La Soul, James Brown, Joe Strummer, Fela Kuti, Augustus Pablo e Sade riunitisi insieme per l'occasione in un megastudio e persi in un'incessante jam-session di stupefacente creatività ed ispirazione.

L'album si snoda sinuoso lungo i pezzi, tutti di ottima caratura, e flirta dolce e scherzoso con l'ascoltatore, lo accompagna lungo un viaggio indimenticabile in giro per i continenti, tra le luci algide dei club ed i colori tenui che esplodono durante l'alba in una qualche spiaggia tropicale. Come non lasciarsi andare sin dal primo pezzo, "Leg In The Sea Of History" che si presenta come intro e poi procede delicata tra il rapping di Rob e l'accompagnamento delicato e jazzy della band: un caloroso saluto, un'invitante stretta di mano e che inizi l'esperienza...
Ed ecco che saltano fuori una sorpresa dopo l'altra: l'andamento saltellante tra funky e reggae di "Coming On Strong" non può non far venire il buonumore nella sua smaliziata semplicità; "Sweet You Like Your Favorite Gears" è un divertissement jazz molto classico e quasi swing di pregevolissima fattura; "Cemetary Of Drums" è bellissima e misteriosa, trascinante e caldissima nenia per cerimonie vudù. L'intermezzo raggamuffin di "Storm Cloud Gather" corre su una ritmica ballerina, mentre "Nothing Had Changed" incrocia saggiamente nebbie downtempo e calore r'n'b.

"Power And Glory" è l'apoteosi di ciò che allora si definiva acid-jazz: un rimare dinnocolato si sposa con meravigliosi vocalizzi soul su un tappeto di morbide percussioni e virtuosismi pianistici di raffinata leggerezza. "Stoned Again" non avrebbe sfigurato in "3 Feet High Rising", ma è impreziosita dalla base suonata live; "Reviewing The Situation" è spettacolare nel suo essere incerta tra esotismo e ritmi in levare; mentre "Ghetto Boy" è funky strasexy, e sembra impossibile che provenga dalla piovosa terra d'Albione...

Giunti a fine album si è presi dalla voglia matta di iniziare nuovamente l'ascolto, tanto è fresco e fragrante il sound dei Galliano: è un peccato che una band così in forma e così ricca d'inventiva sia stata dimenticata tanto velocemente. Per fortuna c'è sempre tempo per rimediare... E voi dunque cosa aspettate?!

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