Scars (cicatrici) è un breve esperimento di gruppo tentato da Gary Moore nel 2002, dopo esser venuto in contatto ed essersi entusiasmato per il potente e preciso groove forgiato da Darrin Mooney, batterista degli scozzesi Primal Scream. Darrin si portò dietro per l’occasione l’amico bassista Cass Lewis degli Skunk Anansie e così un nuovo trio hard rock blues era bello che pronto.

Stavolta niente cover, si ragiona da band: più o meno la metà dei pezzi sono composizioni di gruppo. Il resto viene dalla sola penna di Moore, evidentemente materiale già pronto all’atto della formazione del trio.

Perché il nome “Cicatrici”? Forse in riferimento a quelle che Gary portava da tempo sulla guancia destra, lascito sempiterno di un bicchiere esplosogli in faccia durante una rissa in un pub della sua Belfast, a fine anni settanta.

Il suono di questo disco non è il classico di Moore: è più acido, più “moderno”. I cultori del metal e dell’hard rock del nuovo millennio lo sapranno inquadrare meglio di me, forse. Quello che devo dire è che mi piace assai di meno delle sue cose rock blues “classiche”… Le linee vocali sono sovente scarne e primitive, l’ambiente è più quello del metal (post?) che dell’hard.

Anche gli episodi a tempo lento sono alterati rispetto al suo standard: non c’è “aria” intorno, i suoni sono resi asciutti e aspri, le distorsioni “fredde” e transistorose comunicano un senso di chiusura leggermente opprimente.

Ball and Chain” però è sostanziosa: un tour de force di oltre dodici minuti su di un estenuante, psichedelico groove. Moore vi sfoggia i suoi apprendimenti Hendrixiani, tipo il canto all’unisono con la chitarra, i trilli velocissimi, i rumori delle corde a vuoto, gli improvvisi salti a tirare un cantino sugli acuti… insomma una buona fetta del vasto repertorio del genio e pioniere di Seattle.

Si, è l’album più Hendrixiano di Moore, reso però con suoni più attualizzati e aridi, riverberi corti, non un’oncia di organo Hammond a circoscrivere, arrotondare l’agrezza di base. Boh! Mi fido delle mie prime sensazioni, che furono di moderata delusione.

Ma sento che stavolta i miei giudizi, le mie reazioni sono fortemente personali. A molti sicuramente il suono piuttosto psichedelico e drastico di quest’album può costituire una piacevole sorpresa.

C’è comunque l’ultimo pezzo in scaletta, l’interminabile slow blues “Who Knows (What Tomorrow May Bring)?”, autentico e abbondante saggio di cosa si può tirare fuori da una vecchia Fender Stratocaster, settata col volume a metà e il pickup al manico, quindi fatta passare attraverso un ampli anch’esso Fender, che mi fa aggiungere un’intera stella di merito all’opera.

Elenco e tracce

01   Bonus Track: (00:00)

02   When The Sun Goes Down (00:00)

03   Rectify (00:00)

04   Wasn't Born In Chicago (00:00)

05   Stand Up (00:00)

06   My Baby (She's So Good To Me) (00:00)

07   Ball And Chain (00:00)

08   Just Can't Let You Go (00:00)

09   World Of Confusion (00:00)

10   World Keep Turnin' Round (00:00)

11   Who Knows (What Tomorrow May Bring) (00:00)

12   Walking By Myself (00:00)

13   Slill Got The Blues (00:00)

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