"Roadmaster", ovvero il disco per la sola Europa cui Clark s'oppose, inutilmente. Il disco emblematico della "debolezza contrattuale" di un autore tanto valido quanto sfortunato in termini commerciali.

Uscito all'insaputa di Clark, e poi rimasto sul mercato contro la sua espressa volontà, contiene le sue sessioni comprese tra il 1970 ed il '72. Una raccolta di canzoni decisamente divisa in tronconi, sia dal punto di vista stilistico che da quello arrangiamentale. Ma un disco che si può definire emblematico, perché quello che c'è nella prima metà di "Roadmaster" è proprio ciò che mancò a "Byrds", il "famigerato" lavoro omonimo che celebrò la reunion della line up originale, uscito, nel 1973, poco dopo questo disco.

La prima metà dell'album, oltre ad essere per sonorità molto riconoscente ai primi Byrds, è praticamente suonata dall'intera line up dei bei tempi andati. Ed è proprio ascoltando la prima metà di questo disco che arrivano i rimpianti: questi sono i veri Byrds della reunion! Quelli cioè che, se non cantavano covers, eseguivano canzoni scritte da Gene Clark. Questo è il suono dei Byrds, queste le atmosfere, questi i cori, queste le suggestioni. Le prime tre canzoni, "She's The Kind Of Girl", "One In A Hundred" ed "Here Tonight", sono tre melodiose carezze di folk elettrico per come comanda il Signore. "Full Circle Song" è esattamente quello che sarebbe successo se alla svolta country Gene Clark ed i Byrds ci fossero arrivati assieme, e non per vie separate.

Prendere tutti questi brani inziali, perlomeno fino alla campagnola, sudatissima ballad "Rough And Rocky", e trasferirli in blocco dentro a "Byrds", al posto di certi riempitivi-insulto; lasciare a quel disco le covers ed attendere che lo psichedelico Crosby si ritrovasse tra le mani qualche pezzo migliore di quelli che aveva a quel tempo... Ed eccovi serviti un capolavoro e la rinascita del gruppo per come rimase nell'immaginario collettivo.

Rimpianti per ciò che fu e giudizi (peraltro personalissimi) a parte, "Roadmaster" segna due periodi emblematici: la fine dello stile compositivo Byrdsiano e l'inizio di quello che fu poi l'approccio alla canzone di Clark, il quale nel ‘74 abbracciò tutto quanto il pop rock nello spettacolare "No Other". La tyitletrack è un discreto blues, cosiccome efficace è il soul genuflesso di  "I Remember The Railroad", mentre le armonie vocali tutte in coro spariscono come i jingle jangle. Occhio: il lirismo di Gene resta il medesimo, ma a variare è l'attitudine con cui il singer-songwriter lo impiega, mettendolo dunque al servizio di qualcosa che si differenzia per sonorità e colori, rischiando d'essere meno riconoscibile ma non meno immediato alle corde del cuoricino.

Chiude il tutto un pop rock americano che rimodella una perfetta Clark's Byrds' song, ovvero "Shooting Star": pur non avendone la certezza, metterei la mano sul fuoco che si tratta di un riarrangiamento d'un brano del suo primo periodo. Questo perché, simile o meno a se stesso, basta una variazione d'approccio per notare nella sua musica il cambiamento.

Diverso e riconoscibilissimo, vecchio di quarant'anni e nuovo. Soprattutto inimitato. E splendido anche contro la sua volontà.

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