Non si partirà da una canzone, per una volta, ma da un nome: Raphael "Raf" Ravenscroft. Sassofonista sopraffino, personaggio semi-nascosto di tante produzioni inglesi a partire dagli anni '70. Non molti se lo ricorderanno, ma se (come me) avete il vizio di mettervi a spulciare fra i crediti di tutti i dischi che vi passino sotto mano, potete star certi che il suo nome l'avrete incontrato più di una volta. La prima (volta), per me, fu sul retro di "Fragole Infinite" di Alberto Fortis.

Ebbene, quest'uomo ha suonato uno degli assoli di sax più celebri e più ascoltati d'ognittempo. Talmente famoso che, se anche vi sfuggisse adesso, lo ricordereste fin dalla prima nota. L'assolo di "Baker Street", l'epica e stra-famosa "Baker Street" di Gerry Rafferty. Non conoscete "Baker Street"? Ma certo, che la conoscete. Tutti o quasi l'avrete sentita, almeno di sfuggita alla TV o alla radio. Anche se non pensavate fosse proprio quella, anche se al momento non associate quel titolo a quella musica. Sì, è proprio quella lì.

Gerry Rafferty. Che fu un grande, e dispiace dover parlare al passato. Ma che fu soprattutto una "pietra rotolante" (per usar le parole della canzone), in quel travagliato periodo che seguì alla dolorosa separazione dall'amico di sempre Joe Egan. Scozzesi entrambi, ed entrambi scesi a Londra per ritrovarsi negli Stealers Wheel, un pezzo di storia dei "seventies" britannici che si meriterebbe ben altra considerazione da quella per lo più ricevuta negli anni di poi - salvo quella "Stuck In The Middle With You", arcinota anche lei... forse anche perché ripescata nell'arcinota colonna sonora di un arcinoto film di vent'anni dopo...? Forse.

Un'avventura finita. E come ogni storia di (dis)amore che finisce, destinata a protrarsi per le lunghe - strascichi polemici e citazioni legali, manco a dirlo. E per un periodo il vecchio Gerry ebbe la testa su tutto meno che sulla musica. Sballottato da un treno all'altro (e tra una bottiglia e l'altra), a far la spola tra la sua Glasgow e Londra, trovò l'unica sua fortuna in un amico che abitava - guarda un po' - in quel di Baker Street, nella capitale. E nell'attesa di riprendere il treno per la Scozia, quell'appartamento in Baker Street finì col diventare la sua seconda casa. Il luogo dove "forget about everything", liberare la mente e staccare la spina...

...nonché l'ispirazione per il pezzo-guida del suo album del 1978 (che NON E' il suo esordio solista, per quanto spesso lo si pensi), un Classico invecchiato che meglio non si potrebbe. Perché se gli Stealers Wheel non furono soltanto "Stuck In The Middle" (Tarantino permettendo, e basti buttare un orecchio sulla prima prova del Joe Egan solista...), nemmeno Gerry Rafferty fu solo "Baker Street". Anche se, il giorno che se andò, lo ricordarono semplicemente come "QUELLO di 'Baker Street".

Ma eri molto di più, Gerry. Sapevi che sposare il verbo dylaniano non significava abbandonare le tue radici celtiche, e cominciare questo disco con quell'affresco magistrale che è "The Ark" fu la risposta più eloquente che potevi dare in proposito. Violini, cembali, le corde di un mandolino - e chitarra elettrica, perché rock doveva essere: grande Rock d'autore che ai tempi non si provava imbarazzo a chiamare POP.

E un McCartney non avrebbe disdegnato la title-track "City To City" fra i solchi di un suo album, la perfetta "railroad song" capace di unire praterie americane e brughiera d'Albione al suono di violino (ancora) e armonica, perché chi macina rotaie ha il Blues come chi macina chilometri d'asfalto.

Ma di poschi strumenti avevi bisogno, quando si trattava di lasciar parlare i sentimenti nel loro linguaggio, semplice per definizione. "Whatever's Written In Your Heart" - "that's all that matters": e sono oltre 6 minuti di gospel per piano, voce e coro. Non c'era bisogno d'altro.

E se "Mattie's Rag", "Home & Dry" e "Waiting For The Day" sono molto più che dettagli di contorno in un Canzoniere di per sé già perfetto (quanti mestieranti delle sette note pagherebbero, per avere una sola di quelle intuizioni...), "Island" dispensa un'eleganza degna di dischi come "Siren" dei Roxy Music - forse, complice quel Sax...? Qui Mr. Ravenscroft non era poi così lontano dalla sensibilità di un Andy Mackay. Quella che si ha innata e non s'impara.

Come innata è la capacità di scrivere d'amore in Canzoni come "Right Down The Line" - e in "Stealin' Time", il mio personale Capolavoro. Si potrebbe pensare che un piano elettrico e una steel guitar bastino e avanzino per arrivar dritti in fondo all'anima. Beh, non è così. O almeno, è solo una parte della verità. La sostanza è che gli ingredienti si esaltano solo quando eccelsa è la mano che li dosa, e che le parole suonano sincere solo se davvero scritte in totale sincerità. E Gerry, io penso, ti arriva dentro perché è fra Quelli che ci son riusciti. Come il Lennon del "Lost Weekend", quello di "Walls & Bridges". Il Lennon con la sua stanchezza e le sue debolezze, il Lennon fragile con la dannata paura di perdere tutto, quello che mi corrisponde di più. E che ritrovavo dietro gli occhiali di Gerry.

"So goodnight, yeah goodnight, goodnight train is gonna carry me home..."

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