Viene ristampato, in una versione estesa, uno degli album più rappresentativi del musicista sperimentale italiano Gianluca Becuzzi ovvero We Can Be Everywhere” (pubblicato in origine nel 2014) che esce per l’occasione in un doppio cd. Cambia anche la copertina: quella raffigurante un teschio di un animale viene sostituita da una in cui troviamo in primo piano una mano scheletrica che a me ricorda molto il primo mitico e mitologico album dei Faust, leggendario gruppo krautrock. Il primo cd contiene la versione originale dell’album, caratterizzato da ambientazioni molto cupe e oscure. In quel lavoro Becuzzi si era circondato di validi collaboratori dell’area elettronica e noise italiana come Deison, Retina.it e Svart1. L’alchimia fra questi musicisti aveva portato a risultati notevoli: le sonorità erano caratterizzate da una dark-ambient nerissima che faceva venire in mente il Lustmord più sperimentale e i Cranioclast ma anche, a tratti, la cosmica tedesca. Nel complesso si trattava di un manifesto perfetto del cosiddetto isolazionismo. Il secondo cd racchiude invece un vero e proprio nuovo lavoro di Becuzzi (costituito da 4 tracce) da cui traspare l’evoluzione di questo musicista. Per chi avesse seguito i suoi ultimi lavori siamo dalle parti di dischi come DeepR e Axis Mundi in cui il musicista livornese è diventato una sorta di sciamano ricercando, attraverso un suono basato su chitarroni distorti, rumori concreti e programmazione elettronica, quasi una dimensione sacrale. In un periodo oscuro come quello attuale, in cui c’è molta frustrazione a causa degli eventi degli ultimi anni contraddistinti da pandemie e guerre, il tentativo di far emergere quelle schegge di sacro che ancora esistono nella nostra quotidianità è indubbiamente encomiabile. Per dirla con lo storico delle religioni Mircea Eliade si tratta di rinvenire “Il camuffamento del sacro nel profano". Disponibile su Bandcamp: https://gianlucabecuzzi.bandcamp.com/album/we-can-be-everywhere-2014-2023.

Carico i commenti... con calma