Non era pago di essere divenuto uno dei jazzisti italiani più celebrati ed influenti degli ultimi anni. Non gli bastava che nelle università gli dedicassero delle tesi di laurea. Non era contento del celebratissimo duo con il fisarmonicista Gianni Coscia, si era stancato dell'ottetto, delle collaborazioni con Giorgio Gaslini, Enrico Rava, di aver diretto per anni le più prestigiose orchestre jazz europee. Di aver vinto praticamente qualsiasi referendum indetto da riviste specializzate, in Italia e all'estero, di aver ricevuto il titolo di Ufficiale della Repubblica dal Presidente Ciampi.

Niente da fare: Gianluigi Trovesi cambia di nuovo le carte in tavola, ci stupisce ancora una volta, si cimenta addirittura con il "Sogno Di Una Notte Di Mezza Estate", ed assieme ai suoi degni compari ci regala un meraviglioso affresco di italica genialità. Un progetto originalissimo, a partire dalla composizione dell'organico, un nonetto che è in realtà la sovrapposizione di tre trii, con funzioni stilistiche ed emozionali distinte tra loro:

Trio barocco: due violini e un violoncello
Trio contemporaneo: clarinetti e sax alto, chitarra elettrica con effetti elettronici, batteria e percussioni.
Trio popolare: fisarmonica, contrabbasso, tamburello e voce

Trovesi allude ai tre gruppi sociali del "Sogno" di Shakespeare: rispettivamente nobiltà, mondo fantastico e popolo degli artigiani. La distribuzione dei ruoli dei diversi musicisti ha una precisa, quasi filologica aderenza al capolavoro shakespeariano. Ma in realtà l'ascolto può essere tranquillamente affrontato senza alcuna preparazione in materia, dato che la musica è talmente sanguigna ed imprevedibile da catturare immediatamente l'attenzione, trasportando l'ascoltatore in un magico mondo dove succede tutto e il contrario di tutto.

A contribuire alla riuscita del lavoro un manipolo di musicisti di una bravura ed una duttilità notevole: in evidenza il contrabbassista Renaud Garcia-Fons, che suona un particolare strumento a cinque corde, ineguagliabile nell'assolo con l'archetto, il fisarmonicista Jean-Louis Matinier, il bravo Fulvio Maras alle percussioni, l'ineffabile Carlo Rizzo al tamburello e alla voce.

Il barbuto marpione si aggira tra i solchi del CD piazzando qua e là, con apparente disinvoltura, una delicata danza rinascimentale, un sapido assolo di chitarra heavy, un'indiavolato ballo tzigano, un esplosivo solo di clarinetto, un gustoso recitato in lingua napoletana. Tutta l'opera è un perpetuo giro d'orizzonte, un continuo sbilanciamento della musica e dell'ascoltatore. Annaspi alla disperata ricerca di coordinate stilistiche, e non appena ti sei ambientato nel mood del brano, il nostro è già lì che ti leva la terra da sotto i piedi, ti cambia scenario, svisa, sostituisce gli archi con la chitarra elettrica, la chitarra elettrica con il tamburello, il tamburello con il clarinetto, il clarinetto con la voce e quant'altro il suo incontenibile estro sia in grado di mettere in piedi in un batter d'occhio. La sensazione di divertimento e giocosità è onnipresente e quasi palpabile anche nei più complessi passaggi strumentali.

Toccante e sommessa è "Villanella", quasi sussurrata dal clarinetto di Trovesi e nobilitata da un assolo di fisarmonica. I brani più lunghi, come "C'era Una Strega, C'era Una Fata" e "Orobop" somigliano a delle piccole suites, e lo zibaldone di stili sonori, i richiami classicheggianti e i continui cambi di tempo potrebbero non dispiacere agli amanti del progressive. Come se non bastassero i solisti coinvolti, ad aggiungere benzina sul fuoco ci si mette il divertentissimo (oltre che tecnicamente inarrivabile) contributo degli archi, che passano dal rigore formale dell'"Estate" vivaldiana allo swing a al rock, fino a giungere all'avanguardia più intransigente.

Il barbuto marpione se la ride, e con giusta ragione. Ci ha fregato un'altra volta!

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