Jaakko Lähde, in arte Blackgoat Gravedesecrator. Chi conosce il nome del suo progetto e lo ha letto qui sopra nel titolo, si starà già preparando per la mitragliata di insulti a lui e a me che scrivo, quando Debaser si accorgerà di cosa canta questo manigoldo finlandese, probabilmente metterà un avviso in apertura dove lo staff si dissocia dalle provocazioni (spesso in effetti becere e assurde) che il suddetto musicista mette in atto nel suo modo di intendere il Black Metal. Se le mie previsioni sono esatte, l'NSBM si sta lentamente avviando al mainstream dell'estremità sonora, se sbaglio invece, può voler dire che la forza dissacratoria e blasfema di questo filone stà esaurendo la sua incisività... Ormai, in questo sottogenere, spesso popolato da personaggi da operetta, è sempre più evidente la componente della provocazione ad ogni costo, le nuove generazioni fanno a gara ad accaparrarsi l'ultimo disco (spesso proveniente dai Paesi dell'ex blocco sovietico) col Sole Nero o il Totenkopf in copertina, qualsiasi sia il contenuto prettamente musicale. Inizialmente, a mio avviso, questo ramo deviato del BM sorse proprio come ultimo baluardo "disturbante" contro un genere che oramai firmava contratti con major internazionali e vendeva t-shirt attillate per groupies con il corpsepaint, una "fiamma" insomma, che sembrava non vomitare più in faccia a una società che voleva liquidare con le mani e coi denti, oltre che solo con le chiatarre e lo scream demoniaco. Anche perchè è risaputo che, nella musica estrema (anche agli albori del genere, dagli Slayer ad oggi), si può cantare di tutto: stupri di ogni genere, torture, perversioni sessuali, inneggiare o incitare a omicidi, suicidi, sacrifici umani e altre amenità, Lucifero ormai è relegato a ruolo di personaggio romantico-decadente, più vicino al "Paradiso Perduto" di Milton che al film l'Esorcista; un solo argomento oggi ti esclude dal mercato, scomoda i salotti televisivi delle TV generaliste in prima serata, ti blocca distributori, distribuzione e quindi, indirettamente, ti da visibilità: il Nazismo, con tutto il suo bagaglio di simboli, facce, idee, slogan. Perdonate tutto questo minestrone ma qui arrivo immediatamente a Goatmoon, one man band finlandese che ha occupato le pagine dei quotidiani nazionali (persino Gad Lerner è intervenuto...) anche del nostro Bel Paese lo scorso gennaio, quando vennero a suonare in quel della provincia di Pordenone, assieme ad altri gruppi della stessa risma, nulla di così eclatante, se non fosse che era il 27 di gennaio, giornata ben nota del calendario per motivi che tutti sappiamo. Provocazione nella provocazione o macabra coincidenza? Ognuno ha la propria visione della cosa e con questa doverosa premessa, ora cerco di passare al discorso che mi interessa, ossia quello musicale, anche se non potevo ignorare del tutto quello ideologico in casi come questo.

Stella Polaris arriva dopo anni di demos e split vari con altri gruppi della stessa area musicale e politica non solo nord europea, ed è il quinto album ufficiale in studio. Lo stile è quello della fusione tra musica folk finlandese e BM vecchia scuola ma in questo caso il nostro Blackgoat si rivela non essere solo uno dei tanti personaggi che cercano clamore e non valgono una mazza, tutt'altro, Goatmoon è un progetto di altissima qualità e basta ascoltare una perla di album come "Voitto tai Valhalla" (del 2014) per capire che ci troviamo davanti ad un artista di assoluto valore. L'intro è ipnotica e dopo pochi secondi si entra subito in una Finlandia che da rurale ed arcaica diventa furibonda e glaciale, il ritmo del pezzo che apre e dà il nome all'album è trascinante e mai banale, Lähde riesce a costruire una serie di sonorità che si alternano tra cambi di tempo e di voce e ci riportano al precedente album in quanto ad epicità e forza trascinante. Come si possa non risultare mai banali in una proposta inflazionata come questa rimane un mistero, eppure adoro quest'album, adoro come Goatmoon riesce ad unire folk e BM senza scadere nel già sentito e senza annoiare un solo secondo, questo, a mio modesto avviso, lo rende certamente una spanna sopra a moltissimi altri suoi colleghi nati artisticamente nel nuovo millennio; sentitevi i flauti come entrano in un pezzo come "Rock The Nations" ad esempio, o la tragica malinconia che diventa pura epica in "Sonderkommando Nord" e non aggiungo altro. Tutto sommato ci vedo anche dell'insana parodia in tutto questo atteggiamento, dal nickname scelto da Lähde a come si concia nelle foto ufficiali, dal nome stereotipato del gruppo fino all'ultimo pezzo di quest'album, ossia "P.I.L.A.", una ballad pura e semplice, con un cantato che strano è dire poco e che lascia libero spazio all'interpretazione rispetto al fatto che stia ironizzando sul folk-metal, come già fece quel matto di Nattefrost in "Terrorist"...

Al netto di tutto questo, ho voluto provare a dire semplicemente che anche qui, visto che si parla di musica e che il Black Metal è presente in ogni sua forma, mancava una voce su questo progetto musicale Suomi, di certo sarà folle, coglione, assurdo fino all'eccesso il suo fondatore ed unico compositore, rimane il fatto che il suo lavoro lo sa fare terribilmente bene e che ogni album non delude le aspettative. Capisco che per molti è difficile se non impossibile scindere l'artista dall'opera e qui è più che comprensibile, tuttavia a chi è interessato fondamentalmente al discorso musicale ed ama il BM, così come la sua commistione con la musica folkloristica del nord est dell'Europa, qui troverà un'altra stella polare.

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